All'intensificarsi delle misure antisemite e all'indomani del pogrom della Notte dei Cristalli, nel 1938, la famiglia di Johanna decise di lasciare la Germania. Dopo aver ottenuto i visti, prima si recarono in Italia e da lì si imbarcarono per l'Albania. Vi rimasero durante tutta l'occupazione italiana e - dopo la resa dell'Italia nel 1943 - durante quella tedesca. La famiglia venne liberata dopo una battaglia tra i Tedeschi e i Partigiani albanesi, nel dicembre 1944.
Partimmo con dieci marchi a testa e il poco che eravamo riusciti a impacchettare ad Amburgo. Quello era tutto ciò che riuscimmo a portare con noi. Arrivammo a Bologna il giorno successivo e a quel punto non sapevamo veramente cosa fare perché i dieci marchi erano stati spesi per passare la notte a Monaco. Noi, insieme alla famiglia Meyer, che erano cinque, e ai Gerechter, che erano in tre, ci trovammo alla stazione di Bologna e non sapevamo proprio che pesci pigliare. Con nostra grande sorpresa c'erano degli studenti italiani che erano stati reclutati dalle comunità ebraiche italiane in molte città, le città dove arrivavano i treni dalla Germania: questi studenti si erano organizzati per accogliere i profughi che fuggivano dalla Germania. Insomma, mi ricordo che due studenti ci presero per mano e ci portarono in un bellissimo albergo... bellissimo... e poi si occuparono di noi per un'intera settimana, fino a quando non cominciammo a ricevere denaro dai nostri parenti in America. E la stessa cosa accadde ai Meyer. Il denaro doveva venire inviato per posta e immagino che a quel tempo i telegrammi esistessero già, naturalmente, ma non so quanto velocemente funzionassero. Ma per un'intera settimana questi studenti si presero cura di noi a Bologna e ci portarono anche in giro per la città, per mostrarcela, e poi ci nutrirono e ci portarono nei ristoranti e, insomma, si occuparono di noi fino a quando non fummo in grado di pagare per il viaggio, prima per il biglietto del treno da Bologna a Bari e poi per la nave da Bari all'Albania.
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