Questa bambola, che risale agli anni '30, apparteneva a Zofia Burowska (Chorowicz) che l'ha donata alMuseo dell'Olocausto degli Stati Uniti. I suoi genitori le avevano dato la bambola prima della guerra e lei l'aveva tenuta anche mentre viveva nei ghetti di Wolbrun e di Cracovia, in Polonia. La bambola e alcuni altri beni della sua famiglia furono poi affidati ad alcuni amici non ebrei, affinché li custodissero. Zofia venne prima deportata in un campo destinato ai lavori forzati per Ebrei, vicino a Cracovia, poi al campo di Skarzysko-Kamienna (sempre in Polonia) e infine al campo di concentramento di Buchenwald, in Germania, dove venne infine liberata. Dopo la guerra ella tornò a Cracovia e recuperò la sua bambola.
Espandi l’immagineYona Wygocka Dickmann si fabbricò questo coltello usando dell'alluminio e un pezzo di una sega, mentre si trovava ai lavori forzati in una fabbrica di aeroplani di Friburgo (Germania), dove le SS l'avevano trasferita, proveniente da Auschwitz, nel novembre 1944. Yona si servì del coltello per tagliare in due la sua razione di pane giornaliera e farla così durare di più.
Espandi l’immagineNel novembre del 1944, dopo che le SS l'avevano trasferita da Auschwitz ai lavori forzati in una fabbrica di velivoli di Friburgo (Germania), Yona Wygocka Dickmann realizzò questo pettine in alluminio usando pezzi di aeroplano. Yona iniziò a utilizzare il pettine quando i suoi capelli, che erano stati rasati a zero ad Auschwitz, cominciarono a ricrescere.
Espandi l’immagineHanna Muller modificò questa gonna, usando l'orlo per aggiungerle delle tasche. La gonna le era stata consegnata al suo arrivo ad Auschwitz, nel 1944.
Espandi l’immagineIl passaporto tedesco rilasciato ad Alice Mayer il 24 febbraio 1939 a Bingen, in Germania. Anche la figlia di Alice, Ellen, è indicata nel passaporto. Entrambi i nomi includono il secondo nome "Sara", la cui inclusione nei documenti era diventata obbligatoria per legge il 17 agosto 1938; dopo quella data, infatti, tutte le donne ebree in Germania dovevano aggiungere "Sara" come secondo nome sui documenti ufficiali. Gli uomini ebrei dovevano invece aggiungere il nome "Israel". Ciò permetteva ai funzionari tedeschi di identificarli immediatamente come Ebrei.
Espandi l’immagineLe autorità tedesche di polizia rilasciarono questo passaporto a Erna "Sara" Schlesinger l'8 luglio 1939, a Berlino. La prima pagina illustra le leggi tedesche che facilitavano l'identificazione degli Ebrei in Germania. A partire dal 1938, la legge germanica richiese che tutte le donne ebree indicassero "Sara" come secondo nome su tutti i documenti ufficiali. Gli uomini ebrei invece dovevano indicare il nome "Israel". La lettera "J" (che indicava il termine "Jude", cioè Ebreo in lingua tedesca) veniva stampigliata in rosso sui passaporti degli Ebrei che erano anche cittadini tedeschi. Nel 1939, Erna Schlesinger emigrò negli Stati Uniti.
Espandi l’immagineSimone Weil conseguì questo diploma, che l'autorizzava ad insegnare negli asili francesi, nel 1940, dalla Scuola per i Servizi Sociali di Strasburgo. SImone Weil assunse una falsa identità verso la fine del 1943 per facilitare le sue attività in seno alla Resistenza, attività che ella svolgeva come membro dell'organizzazione umanitaria Oeuvre de Secours aux Enfants (Società per il Soccorso dell'Infanzia, OSE) Tra i documenti comprovanti la nuova identità della Weil vi era una versione falsificata di questo diploma, con il nome di "Simone" Werlin.
Espandi l’immagineSimone Weil usò questo diploma falso e altri documenti contraffatti per comprovare la nuova identità assunta alla fine del 1943. Come "Simone Werlin" ella riuscì ad evitare l'arresto e a cambiare residenza, potendo così continuare le sue attività in soccorso di bambini ebrei; la Weil svolgeva tali attività come membro dell'organizzazione umanitaria Oeuvre de Secours aux Enfants (Società per il Soccorso dell'Infanzia, OSE). Simone Weil aveva effettivamente conseguito il diploma nel 1940, presso la Scuola per i Servizi Sociali di Strasburgo, diploma che le consentiva di insegnare negli asili francesi. Il preside della scuola realizzò di buon grado questo falso duplicato.
Espandi l’immagineSimone Weil conservò questa carta d'identità falsa con la sua foto nel caso la sua copertura come "Simone Werlin" venisse scoperta, rendendo così necessaria una nuova identità. Sia alcuni membri della Resistenza che impiegati dello stato simpatizzanti con la loro causa le procurarono i timbri e le firme necessarie. Questo tipo di documenti fasli aiutarono Simone Weil nella sua opera di salvataggio di bambini ebrei in qualità di membro dell'organizzazione umanitaria Oeuvre de Secours aux Enfants (Società per il Soccorso all'infanzia; OSE).
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