La Legislazione Anti-ebraica in Germania, prima della Seconda Guerra Mondiale
L’antisemitismo e la persecuzione degli Ebrei costituivano due dei principii fondanti dell’ideologia nazista. Nel programma in 25 punti della nuova formazione politica, pubblicato nel 1920, i membri del Partito Nazista dichiararono pubblicamente la loro intenzione di separare gli Ebrei dalla popolazione “Ariana” e di privarli dei diritti politici, giuridici e civili.
I capi del Nazismo cominciarono a mantenere la loro promessa di perseguitare gli Ebrei poco dopo aver preso il potere. Durante i primi sei anni della dittatura di Hitler, dal 1933 fino allo scoppio della guerrra nel 1939, gli Ebrei subirono gli effetti di più di 400 tra decreti e regolamenti che limitavano in tutti gli aspetti le loro vite, sia in campo pubblico che privato. Molte di quelle leggi erano state emanate dell’amministrazione statale ed erano valide in tutto il territorio nazionale, colpendo così tutti gli Ebrei. Inoltre, molti tra i funzionari regionali, provinciali e municipali, di propria iniziativa, emanarono nei loro territori una serie di decreti che escludevano in vari modi gli Ebrei dalla vita del resto della comunità. Centinaia di funzionari, a tutti i livelli governativi e in tutto il paese furono così coinvolti nella persecuzione degli Ebrei quando concepirono, discussero, scrissero, adottarono, applicarono e sostennero la legislazione anti-ebraica. Nessun angolo della Germania rimase immune.
1933-1934
La prima serie di leggi, emanata tra il 1933 e il 1934, puntava soprattutto a limitare la partecipazione degli Ebrei alla vita pubblica in Germania. La prima disposizione a ridurre in modo significativo i diritti dei cittadini ebrei fu la “Legge per la Restaurazione del Servizio Civile Professionale”, varata il 7 aprile 1933, secondo la quale funzionari e impiegati pubblici ebrei – insieme a quelli giudicati “politicamente inaffidabili” - dovevano venire esclusi dalle cariche e dalle funzioni pubbliche. Il nuovo Codice della Pubblica Amministrazione costituì la prima formulazione, da parte delle autorità tedesche, di quello che sarebbe poi diventato il cosiddetto Paragrafo Ariano, un regolamento studiato apposta per escludere gli Ebrei (e per estensione spesso anche altri gruppi “non ariani”) dalla maggior parte delle organizzazioni, da molte professioni e da altri aspetti della vita pubblica.
Nell’aprile del 1933, la legge tedesca limitò il numero di studenti ebrei che potevano frequentare le scuole e le università. Nel corso dello stesso mese, altre leggi ridussero fortemente le “attività ebraiche” nella professione medica e in quella legale. Leggi e decreti successivi limitarono il rimborso ai medici ebrei da parte delle assicurazioni sanitarie costituite con fondi pubblici. La città di Berlino proibì agli avvocati ebrei e ai notai di lavorare su materie legali; il sindaco di Monaco, inoltre, vietò ai medici ebrei di curare pazienti non-ebrei e il Ministro dell’Interno bavarese negò agli studenti ebrei l’ammissione alla facoltà di medicina.
A livello nazionale, il governo nazista revocò la licenza ai commercialisti ebrei; impose una quota, non superiore all’1.50%, di “non ariani” che potessero frequentare le scuole e le università pubbliche; licenziò gli impiegati civili ebrei dell’esercito e, all’inizio del 1934, proibì agli attori ebrei di esibirsi, a teatro come sullo schermo.
Le amministrazioni locali emanarono anche regolamenti che colpivano diverse altre sfere della vita della comunità ebraica: in Sassonia, per esempio, venne loro proibita la macellazione secondo i rituali purificatori tradizionali, impedendo così di fatto agli Ebrei di seguire le proprie regole alimentari.
1935
Nel corso dell’annuale raduno del partito, tenuto a Norimberga nel settembre del 1935, i leader nazisti annunciarono nuove leggi che istituzionalizzavano molte delle teorie razziali che erano alla base della loro ideologia. Le “Leggi di Norimberga” tolsero agli Ebrei tedeschi la cittadinanza del Reich e proibirono loro di sposarsi o avere relazioni sessuali con persone “di sangue tedesco o di sangue affine a quello tedesco”. Norme ausiliarie a queste leggi li privarono poi della maggior parte dei diritti politici. Gli Ebrei furono anche spogliati del diritto di voto, e non poterono più formalmente partecipare alle elezioni; infine, fu loro vietato ricoprire incarichi nella pubblica amministrazione.
Le Leggi di Norimberga non identificavano gli Ebrei come persone di uno specifico credo religioso; invece, il primo emendamento definiva ‘Ebreo’chiunque avesse almeno tre o quattro nonni ebrei, senza considerare se quel particolare individuo si riconoscesse come tale o appartenesse alla comunità religiosa ebraica. Molti Tedeschi che non praticavano attivamente il Giudaismo, o che non lo avevano fatto per anni, si trovarono così intrappolati dalla follia nazista. Anche persone con nonni che si erano convertiti al Cristianesimo potevano venir definiti Ebrei.
Le Leggi di Norimberga del 1935 furono solo il preambolo a una nuova ondata di provvedimenti antisemiti che ebbero come conseguenza l’immediata segregazione fisica degli Ebrei: a Düsseldorf, per esempio, i malati non vennero più ammessi negli ospedali pubblici, mentre i tribunali tedeschi non poterono più citare opinioni o studi legali scritti da Ebrei. Infine, gli ufficiali ebrei vennero espulsi dall’esercito e gli studenti universitari non poterono più sostenere gli esami di Dottorato.
Altre regole, poi, contribuirono a rafforzare il messaggio che gli Ebrei in Germania erano da considerare degli estranei: per esempio, nel dicembre del 1935, il Ministro delle Propaganda del Reich emanò un decreto che proibiva ai soldati ebrei di essere nominati tra i caduti nei monumenti commemorativi della Prima Guerra Mondiale.
“L’Arianizzazione”
Numerosi enti governativi a tutti i livelli cercarono anche di escludere gli Ebrei dalla sfera economica della Germania, impedendo loro di guadagnarsi da vivere. Gli Ebrei poi vennero obbligati a dichiarare le loro entrate e le loro proprietà, sia in Germania che all’estero; ciò non costituì che il primo passo verso la graduale espropriazione delle loro ricchezze materiali da parte dello Stato. In modo analogo, le autorità tedesche intendevano “arianizzare” tutte le attività economiche degli Ebrei, un processo che prevedeva il licenziamento degli impiegati e dei dirigenti ebrei, così come il trasferimento di ditte e imprese ai Tedeschi non-ebrei che le avrebbero comprate a prezzi prefissati e ben al di sotto del loro reale valore di mercato. Dall’aprile 1933 all’aprile 1938, “l’Arianizzazione” ridusse così il numero di attività possedute da Ebrei in Germania di circa due terzi.
1936
Nelle settimane precedenti e successive sia alle Olimpiadi Invernali di Garmish-Partenkirchen che a quelle Estive di Berlino del 1936, il regime nazista moderò decisamente i toni della sua retorica antisemitica, così come delle attività anti-ebraiche. Il regime rimosse persino da alcuni luoghi pubblici i cartelli che dicevano: “Qui non vogliamo Ebrei”. Infatti, Hitler non voleva che critiche al suo governo, portate a livello internazionale, potessero causare il trasferimento dei Giochi in un’altra nazione. Una tale perdita avrebbe costituito un grave colpo al prestigio tedesco. Analogamente, i leader nazisti non volevano scoraggiare il turismo internazionale durante l’anno olimpico e i proventi che ne sarebbero derivati.
1937-1938
Nel 1937 e nel 1938, le autorità tedesche ricominciarono immediatamente la persecuzione legale degli Ebrei tedeschi, inasprendola ulteriormente. Il governo cominciò ad impoverire gli Ebrei e a rimuoverli dall’economia tedesca richiedendo loro di registrare le loro proprietà. Già prima dei Giochi Olimpici, il governo nazista aveva inizato il processo di “Arianizzazione” delle attività ebraiche. “Arianizzazione” significava il licenziamento degli impiegati e dei quadri Ebrei dalle aziende e il subentro di proprietari tedeschi nelle imprese appartenute agli Ebrei, dopo l’acquisto a prezzi di svendita fissati dal governo o dai funzionari del Partito Nazista. Inoltre, nel 1937 e nel 1938, il governo proibì ai medici ebrei di curare pazienti non-ebrei e revocò la licenza agli avvocati ebrei.
Subito dopo il pogrom della Kristallnacht (conosciuta come “La Notte dei Cristalli”), tra il 9 e il 10 novembre 1938, i leader nazisti intensificarono i loro sforzi per “l’Arianizzazione” e crearono nuove misure che riuscirono ad aumentare l’isolamento fisico e la segregazione degli Ebrei dagli altri cittadini della Germania. Agli Ebrei venne proibito l’accesso alle scuole pubbliche e alle università, così come ai cinema, ai teatri e agli impianti sportivi. In molte città, gli Ebrei non potevano accedere a determinate zone definite “ariane”. I decreti e le ordinanze dei Tedeschi rafforzarono e ampliarono la messa al bando degli Ebrei dalla vita professionale. Quando giunse l’ottobre del 1938, per esempio, i medici ebrei non poterono più di fatto trattare pazienti “ariani”.
Il governo impose poi che gli Ebrei si identificassero con modalità che li avrebbero permanentemente separati dal resto della popolazione. Nell’agosto del 1938, le autorità germaniche decretarono ad esempio che a partire dal primo gennaio 1939, tutti gli Ebrei che avessero nomi di battesimo “non ebrei” dovessero aggiungere il nome “Israel”, per gli uomini, e “Sara”, per le donne. Tutti gli Ebrei dovevano avere carte d’identità indicanti il proprio retaggio ebraico e, nell’autunno del 1938, tutti i passaporti vennero stampigliati con la lettera “G” di giudeo. In conclusione, mentre i leader nazisti acceleravano i preparativi per la guerra di conquista che intendevano scatenare in Europa, la legislazione antisemita in Germania e in Austria servì di fatto ad aprire la strada a una ben più radicale persecuzione degli Ebrei.