Le Olimpiadi dei Nazisti: Berlino, 1936
I Giochi Olimpici di Berlino del 1936 rappresentavano molto di più di un evento sportivo di importanza mondiale: essi costituivano un’occasione senza precedenti per la propaganda del Nazismo e della sua ideologia, provocando così un intenso dibattito all’estero. Nonostante la natura discriminatoria di molte delle regole dei Giochi del 1936, molti paesi decisero di parteciparvi.
Eventi principali
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La Germania nazista usò i Giochi Olimpici del 1936 a fini propagandistici. I Nazisti promossero l’immagine di una Germania nuova, forte e unita, celando allo stesso tempo sia la persecuzione degi Ebrei e dei Rom che il crescente militarismo della Germania.
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Per la prima volta nella storia dei Giochi Olimpici dell’era moderna, ci furono appelli a boicottare i Giochi Olimpici sia negli Stati Uniti che in Europa a causa di quelli che più tardi sarebbero stati definiti abusi dei diritti umani. Nonostante il fallimento del movimento per il boicottaggio, esso stabilì un precedente importante per future campagne di boicotttaggio dei Giochi (per esempio quelli del 2008 e del 2014).
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Quando il movimento per il boicottaggio fallì, la Germania ottenne il colpo propagandistico che voleva: i 49 paesi che mandarono le proprie squadre ai Giochi legittimarono il regime di Hitler sia agli occhi del mondo che della popolazione tedesca.
I FATTI PRINCIPALI
Nel 2016 cade l'ottantesimo anniversario dei Giochi Olimpici di Berlino del 1936.
La Germania nazista utilizzò i Giochi Olimpici del 1936 come strumento di propaganda. I Nazisti promossero l'immagine di una Germania nuova, unita e forte, mascherando allo stesso tempo le politiche antisemite e razziste del regime, così come il suo cresecente militarismo.
Per la prima volta nella storia delle Olimpiadi, in Europa e negli Stati Uniti vi furono appelli al boicottaggio dei Giochi a causa delle violazioni dei diritti umani che avvenivano nel paese organizzatore.
Anche se, alla fine, il movimento per il boicotaggio fallì, ebbe il merito di stabilire un precedente importante per le successive campagne, organizzate in epoche più vicine a noi, per attirare l'attenzione internazionale sull'abuso dei diritti umani in paesi organizzatori dei Giochi.
INTRODUZIONE
Per due settimane, nell’agosto del 1936, quando la Germania ospitò i Giochi Olimpici, il regime nazista guidato da Adolf Hitler fece del proprio meglio per nascondere la propria natura razzista e militarista. Rallentando il suo programma antisemita e le sue mire espansionistiche, il regime sfruttò i Giochi per abbagliare molti tra gli spettatori e i giornalisti stranieri presenti, proponendo l’immagine di una Germania tollerante e pacifica. Rifiutando la proposta di boicottare i Giochi del 1936, gli Stati Uniti e le altre democrazie occidentali, di fatto, persero l’occasione di assumere una posizione chiara che—alcuni osservatori a quel tempo ritenevano—avrebbe potuto far riflettere Hitler e avrebbe rafforzato le resistenze internazionali alla tirannia nazista. A Giochi conclusi, le politiche espansionistiche tedesche e la persecuzione degli Ebrei e di altri “nemici dello Stato” ripresero più intensamente di prima, culminando, poi, nella Seconda Guerra Mondiale e nell’Olocausto.
I GIOCHI OLIMPICI ESTIVI DEL 1936
Nel 1931, il Comitato Olimpico Internazionale aggiudicò a Berlino l’organizzazione dei Giochi Olimpici Estivi del 1936. La scelta fu un segnale chiaro del ritorno della Germania nella comunità internazionale, dopo il suo isolamento nel periodo successivo alla sconfitta nella Prima Guerra Mondiale.
Due anni più tardi, il leader del Partito Nazista Adolf Hitler fu nominato Cancelliere della Germania e la già fragile democrazia divenne ben presto una dittatura che avrebbe perseguitato gli Ebrei, i Rom (Zingari), tutti gli oppositori politici e molti altri. L’obiettivo dei Nazisti di controllare ogni aspetto della vita tedesca si estendeva anche allo sport. Le immagini collegate alle attività sportive diffuse negli anni Trenta servirono a diffondere il mito di una razza “Ariana” superiore e fisicamente più forte. Gli artisti tedeschi idealizzarono nelle loro sculture e in altre opere l’immagine di atleti dalla muscolatura ben sviluppata e dall’aspetto eroico, accentuando anche i tratti chiaramente ariani, soprattutto nei volti. Questo tipo di rappresentazione rifletteva anche l’importanza attribuita dai Nazisti alla prestanza fisica, un requisito essenziale alla vita militare.
L'ESCLUSIONE DAL MONDO SPORTIVO TEDESCO
Nell’aprile del 1933, in tutte le organizzazioni sportive tedesche venne istituita la politica dei “solo Ariani”: i “Non-Ariani”—atleti Ebrei o in parte Ebrei, così come Rom (Zingari)—furono sistematicamente esclusi dalle associazioni tedesche e venne loro impedito l’uso degli impianti sportivi. L’Associazione Pugilistica tedesca espulse il campione dilettante Erich Seelig, nell’aprile del 1933, perché Ebreo. (Più tardi, Seelig avrebbe ripreso la propria carriera di pugile negli Stati Uniti.) Un altro atleta ebreo, Daniel Prenn—il migliore giocatore di tennis della Germania?fu rimosso dalla squadra tedesca che partecipava alla Coppa Davis. Gretel Bergmann, atleta del salto in alto di livello mondiale, fu espulsa dal suo club sportivo nel 1933 e dalla squadra olimpica nel 1936.
Gli atleti ebrei esclusi dai club sportivi tedeschi, entrarono a far parte delle associazioni ebraiche, inclusa quella dei Maccabei e del Gruppo Shield, e si allenarono in impianti sportivi separati; ma sia le associazioni che gli impianti non potevano certo reggere il confronto con quelli, ben finanziati, dei Tedeschi. Anche i Rom (Zingari), incluso il pugile del gruppo Sinti Johann Rukelie Trollmann, furono esclusi dal mondo sportivo tedesco.
GLI ATLETI EBREI
Nel tentativo di placare l’opinione pubblica internazionale, le autorità tedesche permisero all’atleta della squadra di scherma, Helen Mayer, che era in parte ebrea, di rappresentare la Germania ai Giochi Olimpici di Berlino. Mayer vinse la medaglia d’argento nella scherma individuale e, come tutti gli altri atleti tedeschi vincitori di una medaglia, eseguì il saluto nazista dal podio della premiazione. Dopo i Giochi, Mayer ritornò negli Stati Uniti. Nessun altro atleta ebreo gareggiò per la Germania. Ciononostante, nove atleti ebrei vinsero una medaglia durante le Olimpiadi dei Nazisti, incluso Mayer e cinque atleti ungheresi. Sette atleti Ebrei americani gareggiarono a Berlino. Come molti altri atleti ebrei dei paesi europei, anche questi giovani sportivi subirono pressioni da parte delle organizzazioni ebraiche affinché boicottassero i Giochi. Non avendo ancora compreso appieno, a quel tempo, le dimensioni e gli obiettivi della persecuzione degli Ebrei e di altre categorie da parte dei Nazisti, quegli atleti decisero però di gareggiare.
Nell’agosto del 1936, mentre ospitava i Giochi Olimpici estivi, il regime nazista cercò di camuffare le proprie violente politiche razziste. La maggior parte dei segni visibili della persecuzione anti-ebrei fu temporaneamente rimossa e i giornali attenuarono la loro violenta retorica. In questo modo, il regime sfruttò i Giochi Olimpici per presentare ai giornalisti e spettatori stranieri l’immagine, falsa, di una Germania pacifica e tollerante.
I MOVIMENTI PER IL BOICOTTAGGIO DEI GIOCHI
Diversi Movimenti per il boicottaggio dei Giochi furono creati negli Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Svezia, Cecoslovacchia e Olanda. Il dibattito sulla partecipazione ai Giochi del 1936 fu particolarmente intenso negli Stati Uniti che, tradizionalmente, portavano ai Giochi una delle squadre più numerose. Alcuni tra coloro che proponevano il boicottaggio, avanzarono l’idea di organizzare le contro-olimpiadi: uno dei più importanti di questi contro-giochi doveva svolgersi a Barcellona, in Spagna, nell’estate del 1936, con il titolo di “Olimpiadi del popolo”, ma fu poi cancellato a causa dello scoppio della guerra civile, nel luglio del 1936, proprio quando migliaia di atleti avevano cominciato ad arrivare nella città spagnola.
Altri atleti ebrei decisero autonomamente di boicottare i Giochi di Berlino. Negli Stati Uniti il boicottaggio fu sostenuto da alcuni atleti ebrei e da alcune organizzazioni ebraiche, come il Congresso Ebraico Americano e il Comitato Ebraico dei Lavoratori. Tuttavia, quando l’Unione Atleti Dilettanti degli Stati Uniti votò per la partecipazione, nel dicembre del 1935, le altre nazioni si allinearono facendo così fallire il tentativo di boicottaggio.
I PREPARATIVI PER I GIOCHI
I Nazisti prepararono meticolosamente i Giochi, che si sarebbero svolti dal primo al sedici agosto. Fu costruito un enorme complesso sportivo e le bandiere olimpiche, insieme a quelle nazionali con la svastica, tappezzarono i monumenti e gli edifici di una Berlino affollata e festante. La maggior parte dei turisti rimase all’oscuro del fatto che il regime nazista avesse temporaneamente rimosso i cartelli anti-Ebrei, o che la polizia avesse effettuato un rastrellamento di tutti i Rom di Berlino, ordinato dal Ministero degli Interni tedesco. Il 16 luglio 1936, circa 800 Rom residenti a Berlino e dintorni furono arrestati e internati in un campo speciale, nel quartiere Marzahn alla periferia di Berlino, sorvegliato dalla polizia. I Nazisti, inoltre, ordinarono che i turisti stranieri non fossero soggetti alle conseguenze penali previste dalle leggi tedesche sull’omosessualità.
LA CERIMONIA D'APERTURA DELLE OLIMPIADI
Il primo agosto 1936, Adolf Hitler diede ufficialmente inizio alle Undicesime Olimpiadi. Le fanfare, dirette dal famoso compositore Richard Strauss, annunciarono al pubblico tedesco l’arrivo del dittatore. Centinaia di atleti recanti le insegne tipiche di ogni cerimonia d’apertura marciarono nello stadio, squadra dopo squadra, in ordine alfabetico. Inaugurando un nuovo rito olimpico, una staffetta arrivò con una torcia che era stata portata da diversi corridori dalla città di Olimpia, in Grecia, sede degli antichi Giochi.
Quarantanove squadre di atleti, provenienti da tutto il mondo, presero parte alle Olimpiadi di Berlino, più che in qualunque precedente edizione. La Germania era rappresentata dalla squadra più numerosa: 348 atleti. La seconda squadra con il maggiore numero di atleti era quella degli Stati Uniti, con 312 membri, tra i quali 18 Afro-americani. La delegazione era guidata dal Presidente del Comitato Olimpico Americano, Avery Brundage. L’Unione Sovietica, invece, non partecipò ai Giochi di Berlino.
LA PROPAGANDA
La Germania pubblicizzò i giochi con abilità, utilizzando poster dai colori vivaci e articoli illustrati che apparvero in diverse riviste. Quelle immagini sportive miravano a creare un collegamento diretto tra la Germania nazista e l’antica Grecia, rappresentando visivamente il mito nazista che la superiore civiltà tedesca fosse l’erede di diritto dell’antica cultura classica “Ariana”. Quella visione dell’antichità classica enfatizzava i caratteri somatici “Ariani”: portamento eroico, occhi azzurri, capelli biondi e lineamenti finemente cesellati.
Lo sforzo propagandistico continuò ben oltre la fine delle Olimpiadi, in particolare con il lancio internazionale del film “Olympia”, nel 1938, il discusso documentario diretto dalla regista tedesca e simpatizzante nazista Leni Riefenstahl, alla quale il regime nazista aveva commissionato il film sui Giochi Olimpici del 1936.
LE VITTORIE TEDESCHE
La Germania emerse vittoriosa dalle Undicesime Olimpiadi. Gli atleti tedeschi vinsero la maggior parte delle medaglie e l’ospitalità tedesca fruttò il plauso dei visitatori. La maggior parte dei giornali fece eco alla posizione espressa dal New York Times che i Giochi avessero ridato alla Germania “il suo posto tra le nazioni” e persino che le avessero dato un “volto nuovamente umano”. Alcuni commentatori espressero anche la speranza che quell’interludio di pace potesse essere duraturo. Solo alcuni giornalisti, come William Shirer, compresero che lo splendore esibito a Berlino altro non era che una facciata per coprire un regime violentemente oppressivo e razzista.
ALL'INDOMANI DEI GIOCHI
Nello stesso momento in cui gli articoli post-olimpiadi venivano archiviati, Hitler cominciò ad accelerare i piani espansionistici della Germania e la persecuzione degli Ebrei riprese. Due giorni dopo la fine delle Olimpiadi, il Capitano Wolfgang Fuerstner, Responsabile del Villaggio Olimpico, si uccise dopo essere stato espulso dall’esercito poiché discendente di Ebrei.
Il primo settembre 1939, la Germania invase la Polonia. Ad appena tre anni dalla fine delle Olimpiadi, il paese pacifico e ospitale nel quale si erano svolti i giochi, scatenò la Seconda Guerra Mondiale, un conflitto che portò morte e distruzione senza precedenti. Con la conclusione dei Giochi, le politiche espansionistiche della Germania e la persecuzione degli Ebrei e di altri “nemici dello Stato” subirono una forte accelerazione, culminando nell’Olocausto.