Adolf Hitler salutes a crowd lining the streets of Hamburg

Volksgemeinschaft (comunità popolare o nazionale)

A partire dagli anni Venti, Adolf Hitler e il partito nazista enfatizzarono l’intenzione di creare una Volksgemeinschaft (comunità popolare o nazionale) basata sui tratti della razza, dell’etnia e del comportamento sociale. Una volta al potere, i nazisti cercarono di plasmare una Volksgemeinschaft in accordo con i loro obiettivi ideologici.

Test

Eventi principali

  • 1

    Il partito nazista cercò di unificare il popolo tedesco sotto la sua guida. Nel concetto di popolo tedesco non erano inclusi i gruppi e gli individui che i nazisti consideravano razzialmente, biologicamente, politicamente o socialmente “indesiderabili”.

  • 2

    Lo Stato nazista offriva incentivi ai tedeschi che si univano alla “comunità nazionale” e perseguitava coloro che erano considerati al di fuori di essa.

  • 3

    Gli sforzi nazisti per creare una “comunità nazionale” contribuirono alla persecuzione e all’uccisione sistematica di massa di individui e gruppi esclusi da tale comunità.

Nel 1933, i nazisti non avevano un piano per l’uccisione degli ebrei europei. Ciò che è conosciuto come Olocausto fu il risultato di una combinazione di molti fattori e decisioni nel corso del tempo. Tra questi fattori ci furono l’ideologia estrema, l’odio nei confronti degli ebrei e il razzismo. Questo articolo esplora il concetto di “comunità nazionale” nel contesto dell’ideologia nazista.

Introduzione

Picture postcard showing a crowd of saluting Germans superimposed on an enlarged image of Hitler and a Nazi stormtrooper.

Una cartolina illustrata mostra una folla di tedeschi che saluta, sovrapposta a un'immagine ingrandita di Hitler insieme a un SA nazista. Monaco di Baviera, Germania, 1932 circa.

Attribuzione:
  • US Holocaust Memorial Museum, courtesy of James Sanders

Il termine Volksgemeinschaft significa “Comunità nazionale” o “Comunità popolare” e fu coniato verso la fine del XVIII o all’inizio del XIX secolo in Germania. Questo concetto non è stato definito in modo rigoroso ed è stato applicato in vari modi. Tra i vari gruppi che adottarono il termine vi furono monarchici, conservatori, liberali, socialisti e organizzazioni dichiaratamente razziste. Ogni partito politico e i suoi sostenitori diedero al termine un significato e un obiettivo diverso. 

A partire dagli anni Venti, Adolf Hitler e il partito nazista sottolinearono il loro desiderio di creare una Volksgemeinschaft basata sui caratteri fondamentali della razza, dell’etnia e del comportamento sociale. Una volta al potere, i nazisti puntarono a costruire una Volksgemeinschaft che si accordasse ai loro obiettivi ideologici. Cercarono di unificare il popolo tedesco sotto la loro guida. Esclusero i gruppi e gli individui che consideravano “indesiderabili” dal punto di vista razziale, biologico, politico o sociale. Tra le persone escluse dalla comunità c’erano gli ebrei, le persone nere, i rom e i sinti (etichettati in modo peggiorativo come “zingari”). Erano esclusi anche i tedeschi il cui comportamento politico o sociale non era in linea con le convinzioni del regime nazista. Lo Stato nazista offriva incentivi ai tedeschi che si univano alla “comunità nazionale” e perseguitava coloro che erano considerati al di fuori di essa.

La propaganda nazista e il mito di una “comunità nazionale”

Il Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori (NSDAP o partito nazista) fu uno dei tanti partiti politici della destra radicale emersi dopo la Prima Guerra Mondiale (1914~1918). Fin dall’inizio fu un’organizzazione antisemita e razzista. Si oppose anche alla nuova repubblica tedesca istituita dopo la rivoluzione tedesca del novembre 1918. Nel suo programma di partito del 1920, il partito nazista affermava che solo un Volksgenosse (“camerata” nazionale o membro del popolo) poteva essere un cittadino. Un “camerata nazionale” era definito come una persona di “sangue tedesco”, indipendentemente dalla confessione religiosa. Di conseguenza, nessuna persona ebrea poteva essere né “camerata nazionale” né cittadino. I nazisti definirono il popolo ebraico come un gruppo razziale “straniero” con origini in Medio Oriente. Quindi, secondo l’ideologia nazista, una persona ebrea non avrebbe mai potuto diventare tedesca. Questo accadeva anche se parlavano tedesco, se si erano convertiti al cristianesimo o se la loro famiglia aveva vissuto in Germania per centinaia di anni. 

Il concetto di “comunità nazionale” negli anni Venti e nei primi anni Trenta

Per tutti gli anni Venti e i primi anni Trenta, il partito nazista portò avanti una campagna per ottenere i voti e il sostegno di milioni di tedeschi. I suoi propagandisti sfruttarono abilmente i termini “comunità nazionale” e “camerata nazionale”. Negli ultimi anni della Repubblica di Weimar (1918~1933), il partito nazista aumentò drasticamente la sua rappresentanza nel Parlamento tedesco (Reichstag). Nell’estate del 1932, divenne il più grande partito politico rappresentato in parlamento. 

I propagandisti nazisti dipinsero il partito come un movimento che mirava a ripristinare la grandezza e la prosperità nazionale e che teoricamente rappresentava tutti i tedeschi, indipendentemente dalla classe, dalla regione o dalla religione (religione cristiana). Hitler sottolineava spesso che il partito nazista era un microcosmo della “comunità nazionale” come egli la immaginava per il futuro. Hitler sosteneva che il partito nazista, grazie alla sua ampia base di massa, fosse l’avanguardia della futura “comunità nazionale” tedesca. Questa comunità sarebbe servita a sua volta come fondamento di uno Stato nazista.

I propagandisti nazisti dichiararono che il nazismo era un movimento aperto a tutte le etnie tedesche. Questa idea conquistò molti tedeschi che erano delusi dallo status quo e dal fallimento della leadership del Paese nel risolvere i crescenti problemi economici della nazione durante la Grande Depressione. Hitler promise di ristabilire l’armonia sociale riunendo operai e impiegati ed eliminando l’odio e il conflitto di classe. Questi appelli e l’idea di riportare la Germania alla grandezza fecero presa su molte persone.

Il 15 luglio 1932, Hitler espresse questo concetto in un discorso elettorale:

Tredici anni fa noi nazionalsocialisti eravamo derisi e sbeffeggiati; oggi le risate dei nostri avversari si sono trasformate in lacrime!

È sorta una comunità di persone leali che gradualmente supererà i pregiudizi della follia di classe e l’arroganza del rango. Una comunità leale di persone decise a lottare per la salvaguardia della nostra razza, non perché composta da bavaresi o prussiani o da uomini del Württemberg o della Sassonia; non perché cattolici o protestanti, operai o funzionari, borghesi o lavoratori stipendiati, ecc. ma perché composta interamente da tedeschi.

Durante le campagne elettorali, tuttavia, il partito nazista non spiegò mai come sarebbe stata costruita la nuova “comunità nazionale” e chi ne avrebbe fatto pienamente parte. E a quale costo.

Il Terzo Reich: La persecuzione come elemento costitutivo di una “comunità nazionale”

Nazi propaganda poster advertising a special issue of "Der Stuermer" on "Rassenschande" [race pollution].

Poster di propaganda nazista nel quale si pubblicizza l'uscita di un numero speciale del giornale "Der Stuermer" sulla "Rassenschande" [Contaminazione della razza].

Attribuzione:
  • Deutsches Historisches Museum

Una volta al potere, il regime nazista (che si faceva chiamare Terzo Reich) cercò di mantenere la promessa di creare una “comunità nazionale” per tutti i tedeschi considerati etnicamente e politicamente leali. Gli studiosi discutono ancora oggi se e quanto il regime sia riuscito a concretizzare questo obiettivo. Tuttavia, non c’è dubbio che sia stato parte integrante della propaganda nazista durante il Terzo Reich. Fu usato per unificare una nazione che era divisa creando un senso di orgoglio nell’appartenenza, e allo stesso tempo promuovendo il sospetto, la paura e/o l’odio verso coloro che non ne facevano parte.

Nella Germania nazista, gruppi come gli ebrei, le persone nere, i rom e i sinti erano definiti “razzialmente diversi”. Pertanto, non potevano far parte della “comunità nazionale”. Erano privi di diritti e perseguitati. Inoltre, gli ebrei, i rom e i sinti furono in seguito selezionati per essere annientati. 

Il regime nazista perseguitò anche le persone il cui comportamento politico o sociale non si adattava alla nuova “comunità nazionale”. Per questi motivi prese di mira oppositori politici, omosessuali, testimoni di Geova, coloro che “contaminavano la razza” e altre persone ancora. Se una persona aveva origini etniche tedesche e accettava di modificare il proprio comportamento, poteva essere integrata nella “comunità nazionale”. 

Le politiche e le leggi naziste legalizzarono la “disuguaglianza” e giustificarono l’esclusione di vari gruppi di vittime dall’appartenenza alla “comunità nazionale”. La legge sulla cittadinanza del Reich del 15 settembre 1935, una delle leggi razziali di Norimberga, stabiliva chi poteva o non poteva essere considerato cittadino nella nuova Germania. Secondo la legge, solo una persona di “sangue tedesco o affine che dimostrasse con il suo comportamento di essere disposta e capace di servire fedelmente il popolo tedesco e il Reich” poteva avere la cittadinanza. Questa clausola chiariva che la cittadinanza non era un diritto, ma un privilegio che veniva determinato dalla leadership nazista. Le ordinanze successive specificarono che gli ebrei, le persone nere, i rom e i sinti non avrebbero potuto avere la cittadinanza tedesca. 

Il cambiamento del concetto di “comunità nazionale” 

Sotto il regime nazista, i termini “comunità nazionale” e “camerata nazionale” erano concetti molto malleabili. La leadership nazista poteva manipolare questi termini per escludere diverse persone. I tedeschi che continuavano a fare acquisti nei negozi ebraici o che mantenevano amicizie con vicini ebrei venivano denunciati come “traditori del popolo”. I tedeschi all’estero che esprimevano opposizione al regime venivano spesso privati della cittadinanza. Allo stesso modo, le autorità naziste lanciarono campagne pubbliche contro coloro che erano considerati Gemeinschaftsfremde (estranei alla comunità). 

Nel dicembre del 1937, il regime emanò un decreto sulla prevenzione della criminalità. Questo decreto era diretto contro gli individui etichettati come “asociali”. Queste persone erano definite come persone che, in quanto avevano comportamenti contro la comunità (anche se non criminale), dimostravano di non volerne far parte. Una definizione così ampia permise alla polizia di arrestare e imprigionare circa 100.000 persone. Tra gli arrestati c’erano persone considerate “scansafatiche”, vagabondi, prostitute e mendicanti, oltre a rom e sinti. 

Dopo il 1938 e durante gli anni della guerra, i governanti nazisti applicarono tali politiche anche all’etnia tedesca. Il regime non considerava Volksdeutsche (tedeschi etnici) tutte le persone di origine tedesca, ma solo quelle che sostenevano le politiche della nuova Germania. Gli individui di origine tedesca che continuavano a considerarsi cittadini polacchi o sovietici o che si comportavano in modo “non tedesco” non potevano far parte della “comunità nazionale”. Durante la Seconda Guerra Mondiale (1939~1945), centinaia di migliaia di persone di origine tedesca furono trasferite dalle SS dai territori occupati in Unione Sovietica e altrove alla Polonia occupata dai tedeschi. Le SS effettuavano controlli razziali e politici sui nuovi arrivati.

La guerra portò anche nel Reich milioni di non tedeschi mandati ai lavoratori forzati. Con milioni di uomini tedeschi arruolati per il servizio militare, le autorità naziste temevano che l’afflusso di non tedeschi, in particolare di slavi, avrebbe influito negativamente sulla composizione razziale ed etnica della popolazione tedesca. Le donne tedesche che avevano rapporti sessuali, o che erano accusate di avere rapporti sessuali, con civili assegnati ai lavori forzati o prigionieri di guerra polacchi, sovietici e altri stranieri, venivano spesso umiliate pubblicamente ed escluse dalla “comunità nazionale”. In alcuni casi, venivano portate nei campi di concentramento. I lavoratori forzati venivano spesso imprigionati nei campi di concentramento o giustiziati.

Conquistare i tedeschi con la Volksgemeinschaft

Anche se i nazisti non riuscirono mai a creare una Volksgemeinschaft nella realtà, ne crearono una nella propaganda. I propagandisti nazisti ricevettero istruzioni su come gestire correttamente gli eventi, in modo da trasmettere ai partecipanti l’idea di far parte di una “comunità nazionale”. 

Portrait of Leni Riefenstahl.

Primo piano di Leni Riefenstahl.

Attribuzione:
  • US Holocaust Memorial Museum, courtesy of Joanne Schartow

Registi e fotografi tedeschi ritrassero schiere di tedeschi che acclamavano Adolf Hitler. Questo immaginario diede credito al “mito hitleriano” e creò una “comunità nazionale” immaginaria. I tedeschi furono incoraggiati e spinti ad alzare le braccia in segno di saluto mentre pronunciavano il nuovo saluto tedesco “Heil Hitler”. Questo sforzo mirava a convincere tedeschi e stranieri che l’intera nazione fosse al fianco del regime e delle sue politiche. La mancata partecipazione richiamava l’attenzione sull’individuo, in quanto indicava che non si sentiva parte della “comunità nazionale”. Anche se non sostenevano pienamente il governo, i tedeschi spesso si impegnavano in questi rituali per evitare di essere guardati con sospetto da altre persone o indagati dalla polizia. 

Al cinema e nei cinegiornali, i propagandisti nazisti comunicarono al pubblico che la Germania era al fianco del Führer. Il film Trionfo della volontà di Leni Riefenstahl esemplificava la messa in scena nazista di una “comunità nazionale”. Ad esempio, il film contiene riprese abilmente manipolate dei membri del Servizio del Lavoro tedesco che pronunciano il nome delle loro regioni d’origine durante il raduno del partito nazista a Norimberga nel 1934. L’obiettivo era quello di mostrare come i tedeschi, indipendentemente dalla loro regione, classe o religione, fossero uniti per costruire una nuova Germania. 

I propagandisti nazisti utilizzarono anche altri materiali visivi, come i manifesti. Le immagini di famiglie tedesche felici trasmettevano un’immagine promettente di un futuro sano. E i manifesti raffiguranti operai sorridenti miravano a trasmettere l’idea dell’armonia sociale e la fine del conflitto di classe.

Privilegi e disuguaglianze

Il regime offriva privilegi alla popolazione se si comportava secondo le norme naziste. Grazie al Fronte Tedesco del Lavoro, i lavoratori tedeschi potevano andare in vacanza in Germania e in altri Paesi a tariffe ridotte. Le crociere in Norvegia e in altre località furono presentate come potenziali vantaggi. Hitler promise anche di creare un’automobile economica, la Volkswagen (l’auto del popolo), che sarebbe stata accessibile a molti tedeschi che avrebbero potuto guidare sul nuovo sistema autostradale del Paese. Sebbene molti tedeschi investirono denaro per acquistare la nuova auto, nessuno ne ricevette mai una. 

La propaganda della “comunità nazionale” mascherava le evidenti disuguaglianze e le persecuzioni nella Germania nazista. Il regime congelò i salari dei lavoratori ai livelli dell’era della Depressione del 1932 e aumentò le ore di lavoro. La disciplina di fabbrica aumentò e gli scioperi furono vietati. Le tasse furono aumentate. La disponibilità di beni di consumo, in particolare quelli provenienti dall’estero, era limitata. Tutti i tedeschi dovevano contribuire alle varie campagne di sostegno organizzate dal governo. I fondi raccolti furono presentati come sacrifici individuali a beneficio della comunità. 

Impatto della “comunità nazionale”

Gli sforzi nazisti per creare una “comunità nazionale” contribuirono alla persecuzione e all’uccisione sistematica di massa di individui e gruppi esclusi da tale comunità. I nazisti miravano a fomentare l’odio contro gli ebrei europei e altre persone che denunciavano come “nemici dello Stato”. Contribuirono anche a promuovere un clima di indifferenza nei confronti delle sofferenze altrui. Troppi tedeschi trovavano attraente l’appartenenza a una “comunità nazionale” ed erano disposti a trascurare o ignorare la sofferenza delle vittime.

Note a piè di pagina

  1. Footnote reference1.

    Max Domarus, ed., La Raccolta Completa dei Discorsi di Hitler in Inglese: Bibliografia Digitale (tradotto da Mary Fran Golbert) (Wauconda, IL: Bolchazy-Carducci Publishers, 1990), 145.

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