Uomini gay sotto il regime nazista
Tra il 1933 e il 1945, il regime nazista portò avanti una campagna contro gli uomini omosessuali e li perseguitò. Come parte della campagna, il regime nazista chiuse i bar e i luoghi di ritrovo per gay, sciolse associazioni per gay e chiuse i giornali e le pubblicazioni gay. Il regime nazista inoltre arrestò e processò migliaia di uomini gay ai sensi del Paragrafo 175 del Codice Penale tedesco. Per gran parte del ventesimo secolo fu difficile portare alla luce le storie degli uomini gay durante l’epoca nazista a causa del continuo pregiudizio nei confronti dei rapporti sessuali tra persone dello stesso sesso e perché l’applicazione da parte dei tedeschi del Paragrafo 175 continuò anche nel dopoguerra.
Eventi principali
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Prima che i nazisti salissero al potere nel 1933, le comunità e i circuiti gay erano numerosi, in particolare nelle grandi città, e questo nonostante in Germania le relazioni sessuali tra uomini fossero criminalizzate.
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A partire dal 1933, il regime nazista cominciò a perseguitare e smantellare le comunità gay in Germania. Il regime arrestò un gran numero di uomini gay ai sensi del Paragrafo 175, la legge del Codice penale tedesco che vietava le relazioni sessuali tra uomini.
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Durante l’epoca nazista, tra 5.000 e 15.000 uomini furono imprigionati nei campi di concentramento come criminali “omosessuali” (“homosexuell”). Questo gruppo di prigionieri doveva indossare un triangolo rosa sulle divise del campo come parte del sistema di classificazione dei prigionieri.
Introduzione
Tra il 1933 e il 1945, il regime nazista portò avanti una campagna contro l’omosessualità maschile, prendendo di mira uomini che avevano relazioni sessuali con altri uomini. Non è chiaro quanti di questi uomini si identificassero pubblicamente o privatamente come gay o se facessero parte di comunità e circuiti gay presenti in Germania già prima della salita al potere dei nazisti.
A partire dal 1933, il regime nazista cominciò a perseguitare e smantellare queste comunità, arrestando un gran numero di uomini gay ai sensi del Paragrafo 175. Il Paragrafo 175 era la legge del Codice penale tedesco che proibiva le relazioni sessuali tra uomini. Durante il periodo nazista, la Polizia arrestò circa 100.000 uomini perché sospettati di aver violato il Paragrafo 175. Il 50% di questi uomini fu condannato. In alcuni casi, gli uomini gay furono portati nei campi di concentramento.
È importante notare che non tutti gli uomini arrestati e condannati ai sensi del Paragrafo 175 si identificavano come gay. Tuttavia, nella Germania nazista qualunque uomo avesse relazioni sessuali con un altro uomo doveva accettare la possibilità di venire arrestato, a prescindere dalla sua sessualità.
Il fatto di identificarsi come gay non era esplicitamente criminalizzato in Germania. Tuttavia, la campagna nazista contro l’omosessualità e la rigorosa applicazione del Paragrafo 175 da parte del regime rese la vita nella Germania nazista pericolosa per gli uomini gay.
Gli uomini gay in Germania non erano un gruppo uniforme e il regime nazista non li vedeva come tali. Essere gay spesso poteva significare essere perseguitati. Tuttavia, anche altri fattori condizionarono la vita degli uomini gay durante l’epoca nazista. Tra questi fattori c’erano la presunta identità razziale, le attitudini politiche, la classe sociale e le aspettative culturali su come dovessero comportarsi gli uomini e le donne (in altre parole, le norme legate al genere sessuale d’appartenenza). Questa diversità significò un’ampia gamma di esperienze per gli uomini gay nella Germania nazista. Ad esempio, gli uomini gay che partecipavano a movimenti politici antinazisti rischiavano di essere arrestati come oppositori politici. E gli uomini gay ebrei dovettero anche subire la persecuzione nazista e l’omicidio di massa degli ebrei.
Uomini gay in Germania, 1900 circa
Già tra la metà e la fine del diciannovesimo secolo, ci furono i segnali della nascita e della crescita di comunità gay in Germania. Nello stesso periodo, la natura della sessualità umana diventò un’area di ricerca scientifica e di dibattito in Europa e negli Stati Uniti. La Germania era in prima linea, anche per il dibattito relativo al Paragrafo 175. Il Paragrafo 175 era la legge del Codice penale tedesco che proibiva le relazioni sessuali tra uomini. La legge era stata emanata nel 1871 in seguito all’unificazione dell’Impero tedesco e alla codificazione della legge tedesca.
Le condizioni politiche e sociali nel diciannovesimo secolo in Germania, però, consentivano alle persone di esprimersi pubblicamente a favore della depenalizzazione delle relazioni sessuali tra uomini e l’abrogazione del Paragrafo 175. Alla fine, gli attivisti iniziarono a organizzarsi in gruppi che richiedevano la depenalizzazione. Oltre a unirsi a questi gruppi, gli uomini che erano attratti da altri uomini iniziarono anche a socializzare nei bar e nei luoghi di ritrovo. Questo consentì loro di creare dei legami e di formare le prime reti e comunità gay.
In questo contesto alcuni uomini tedeschi che erano attratti da altri uomini iniziarono a descriversi usando un nuovo vocabolario. Oltre alla frase in slang tedesco “warmer Bruder” (“fratello caldo”), alcuni uomini si descrivevano utilizzando nuove parole. Tra questi termini c’erano “gleichgeschlechtlich” (“attratto da persone dello stesso sesso”) e “homosexuell” (“omosessuale”). Il termine “omosessuale” risale al 1869, quando un volantino a sostegno della depenalizzazione delle relazioni sessuali tra uomini usò il termine “Homosexualität” (“omosessualità”). I sostenitori della riforma usavano anche altri termini, ad esempio, “Urning” [“uraniano”] o “dritten Geschlecht” [“terzo sesso”]. Anche la parola in slang “schwul” (spesso tradotta come “gay”) diventò sempre più popolare tra certi gruppi.
Oggi, i termini “omosessualità” e “omosessuale” sono spesso considerati dispregiativi. Ai tempi, tuttavia, erano di utilizzo comune in Germania e non solo. Queste nuove parole furono adottate sia in inglese che in francese. Con il passare del tempo, sono poi diventate parte del lessico internazionale sulla sessualità. Anche se non sono più ampiamente accettate, queste parole tedesche rappresentarono i primi tentativi di descrivere l’orientamento sessuale. Alla fine del ventesimo e nel ventunesimo secolo, le comunità LGBTQ+ hanno modificato e messo in discussione questo lessico.
Uomini gay durante la Repubblica di Weimar (1918~1933)
Le comunità e i circuiti gay in Germania continuarono a crescere e a svilupparsi durante la Repubblica di Weimar (1918~1933), un periodo di tumulti politici e di sofferenza economica, ma anche di libertà artistica e culturale. Come parte delle trasformazioni sociali e culturali del tempo, i tedeschi sfidarono pubblicamente le norme legate al sesso e al sessuale d’appartenenza. Il sesso e la sessualità diventarono oggetto di contesa nella politica e nella cultura. Questo era particolarmente vero nelle grandi città come Berlino, Colonia, Amburgo e Francoforte.
Sesso e sessualità nella Repubblica di Weimar
Molti tedeschi accolsero favorevolmente il clima sociale, politico e culturale meno restrittivo della Repubblica di Weimar. Molti uomini gay abbracciarono questa nuova cultura. Alcuni gruppi sostenettero e promossero più attivamente la depenalizzazione delle relazioni sessuali tra uomini. Tra questi ci furono il Comitato Scientifico-Umanitario (Wissenschaftlich-humanitäres Komitee, WhK) fondato nel 1897, e la Lega dei diritti umani (Bund für Menschenrecht, BfM) fondata negli anni Venti. Questi gruppi cooperarono con altri gruppi che già sostenevano la riforma e un nuovo approccio legale alla prostituzione, al controllo delle nascite e all’aborto.
Tuttavia, non tutti i gruppi che sostenevano la depenalizzazione condividevano la stessa prospettiva politica. Ad esempio, nel 1919 a Berlino, il medico e ricercatore sessuale ebreo tedesco Magnus Hirschfeld, fondò l’Istituto per la Scienza Sessuale (Institut für Sexualwissenschaft), che diventò famoso a livello internazionale. Hirschfeld era un pacifista di sinistra e l’Istituto tendeva ad attrarre persone che erano a loro volta di sinistra o di centro. L’Istituto condusse studi scientifici pionieristici e fornì un’educazione pubblica sulla sessualità umana. Inoltre, offrì diversi altri servizi legati al sesso, tra cui il controllo delle nascite e la consulenza matrimoniale.
Invece, la rete di uomini gay che si sviluppò intorno all’autore Adolf Brand e alla sua organizzazione Gemeinschaft der Eigenen (La comunità degli spiriti affini) adottò un approccio diverso. L’organizzazione di Brand diventò, col passare del tempo, più di destra e nazionalista. Brand e Hirschfeld erano d’accordo sul tema della depenalizzazione. Entrambi promuovevano le discussioni pubbliche sulla sessualità. Tuttavia, non erano d’accordo sui temi concettuali e politici relativi al genere sessuale e al nazionalismo.
Non tutti i tedeschi accoglievano favorevolmente le discussioni pubbliche sul sesso e non tutti i tedeschi condividevano il programma riformista. Molte persone vedevano queste discussioni come parte delle tendenze decadenti, troppo permissive e immorali che caratterizzavano la cultura di Weimar. Erano infastiditi dalla troppa visibilità data al sesso nelle pubblicità, nei film e in altri aspetti della vita quotidiana. Diversi gruppi politici di destra e di centro, nonché le organizzazioni religiose tradizionali, cercavano di promuovere la loro versione della cultura tedesca. Tale versione si basava sulla musica, sulla letteratura, sulla religione e sulla famiglia tradizionali. In alcuni casi, questi gruppi incolpavano gli ebrei e i comunisti di aver corrotto la cultura tedesca. Ad esempio, Hirschfeld fu attaccato da molti di questi gruppi a causa sia delle sue discussioni aperte sulla sessualità, sia delle sue origini ebraiche e delle sue opinioni di sinistra.
Comunità e reti di relazioni gay nella Repubblica di Weimar
Nell’atmosfera relativamente libera della Repubblica di Weimar le comunità e i circuiti gay sorsero e si svilupparono in modi e misura senza precedenti. Più e più uomini tedeschi scelsero di vivere apertamente come gay. Alcuni si unirono alle “leghe dell’amicizia” (Freundschaftsverbände), gruppi che organizzavano socialmente e politicamente uomini gay, donne lesbiche e altri. Gli uomini gay si riunivano nei luoghi di ritrovo, come bar, che erano dedicati alla clientela gay. Il più famoso di questi fu l’Eldorado a Berlino.
Le riviste e i giornali per gay, come Die Freundschaft (Amicizia) e Der Eigene (tradotto in diversi modi, ma in questo contesto “il suo stesso uomo”), contribuirono alla crescita delle reti gay. Queste pubblicazioni educavano i lettori sulla sessualità e pubblicavano poesie e brevi storie, cercavano attivamente di creare un senso di comunità tra uomini gay e includevano inserzioni personali e informazioni sui luoghi di ritrovo per uomini gay. Nelle città più grandi, i lettori potevano comprare tali riviste presso le edicole. Nel resto della Germania, i lettori potevano abbonarsi alle riviste e riceverle per posta.
In generale, le comunità gay erano più accettate nelle grandi città della Germania. Le città più piccole e le aree rurali tendevano a essere meno tolleranti. A Berlino, la comunità gay era particolarmente rinomata. Ma anche nelle città più grandi, come Monaco, le comunità gay non erano sempre ben viste.
La mentalità nazista e il caso di Ernst Röhm
Prima di salire al potere, Adolf Hitler e molti altri leader nazisti condannarono la cultura di Weimar come decadente e degenerata. Parte di quella condanna era dovuta al rifiuto della libera espressione della sessualità in quell’epoca, tra cui la visibilità delle comunità gay. Alcuni nazisti noti, tra cui Alfred Rosenberg e Heinrich Himmler, erano chiaramente omofobi. Tuttavia, era raro che Hitler e altri leader nazisti parlassero pubblicamente dell’omosessualità. Infatti, essa non faceva parte del programma del partito nazista del 1920, che si concentrava invece su temi come la creazione del Grande stato tedesco, gli ebrei e l’economia.
In termini di politica legale relativa al Codice penale tedesco, il partito nazista si oppose ai tentativi di depenalizzare le relazioni sessuali tra uomini e di abrogare il Paragrafo 175. Durante i dibattiti parlamentari, i nazisti sostenevano che le relazioni sessuali tra uomini fossero un vizio distruttivo che avrebbe portato il popolo tedesco alla rovina. Sostenevano inoltre che tali relazioni dovevano essere punite ancora più severamente rispetto a quanto consentito dalla legge tedesca dell’epoca.
Tuttavia, alcuni leader, nonché membri ordinari, del partito nazista avevano tteggiamenti diversi e ambivalenti. Era noto che nel partito nazista ci fossero alcuni uomini gay, in particolare Ernst Röhm. Röhm usava la parola “gleichgeschlechtlich,” (attratto da persone dello stesso sesso) per descrivere sé stesso. Era il leader delle SA (Sturmabteilung, chiamate comunemente Stormtroopers), un gruppo paramilitare nazista violento e radicale.
Per Röhm, la sua sessualità non era in conflitto con l’ideologia nazista e non comprometteva il suo ruolo come leader delle SA. Nella visione di Röhm, la legalizzazione delle relazioni sessuali tra uomini non era legata al sostegno dei diritti liberal democratici o della tolleranza, ma piuttosto al superamento della morale tradizionale. Röhm scrisse che il “moralismo” di alcuni suoi colleghi nazisti “non gli sembrava rivoluzionario.”
La sessualità di Röhm fu un segreto aperto nel partito nazista che diventò uno scandalo pubblico nel 1931. Un giornale di sinistra svelò che Röhm era gay. La sua sessualità venne poi usata a scopo di propaganda dal grande partito socialdemocratico della sinistra moderata (Sozialdemokratische Partei Deutschlands) nel periodo delle elezioni. Nonostante la controversia, Hitler difese Röhm. Röhm rimase a capo delle SA finché Hitler lo fece uccidere nel 1934. Tuttavia, la posizione di Röhm nella leadership nazista non mitigò la condanna dell’omosessualità e delle comunità gay da parte del movimento.
Uomini gay nei primi anni del regime nazista, 1933~1934
I nazisti salirono al potere il 30 gennaio 1933 e provarono subito a eliminare le manifestazioni visibili e smantellare i circuiti gay che si erano sviluppati durante la Repubblica di Weimar. Una delle prime azioni naziste contro le comunità gay fu la chiusura dei bar e dei luoghi di ritrovo gay. Ad esempio, a fine febbraio/inizio marzo del 1933, in risposta a un ordine nazista, la polizia di Berlino chiuse numerosi bar. Tra di loro c’era l’Eldorado, che era diventato un noto simbolo della cultura gay di Berlino. Chiusure simili dei luoghi di ritrovo gay furono implementate in tutta la Germania. Tuttavia, in città come Berlino e Amburgo, alcuni bar gay riconosciuti riuscirono a restare aperti fino alla metà degli anni Trenta. I luoghi di ritrovo gay clandestini rimasero aperti anche più a lungo. Tuttavia, le chiusure attuate dai nazisti e la sorveglianza maggiore da parte della polizia resero più difficile per i gay incontrarsi.
Un’altra tra le prime azioni portate avanti dal regime nazista fu l’eliminazione di giornali, riviste e case editrici gay. I giornali erano uno dei primi mezzi di comunicazione nelle comunità gay in Germania. Il regime nazista inoltre obbligò le associazioni gay a sciogliersi. Nel maggio del 1933, i nazisti vandalizzarono l’Istituto per le Scienze Sessuali di Hirschfeld e lo obbligarono a chiuderlo. Parte di quell’azione incluse la distruzione degli scritti di Hirschfeld che furono dati alle fiamme dai nazisti. I roghi di libri prendevano di mira le opere scritte da noti intellettuali, pacifisti e autori di sinistra ebrei. La distruzione dell’istituto fu un chiaro segno che i nazisti non avrebbero tollerato le politiche sessuali riformiste promosse dall’istituto.
A partire dalla fine del 1933 e l’inizio del 1934, i nazisti usarono nuove leggi e pratiche di polizia per arrestare e detenere senza processo un certo numero di uomini gay. Questo faceva parte di uno sforzo più ampio da parte dei nazisti per ridurre la criminalità. Il regime nazista diede indicazioni alla polizia di arrestare le persone precedentemente condannate per crimini sessuali quali esibizionismo, relazioni sessuali con un minore e incesto. Tali crimini erano definiti nei Paragrafi 173~183 del Codice penale tedesco. Gli arresti riguardarono diversi uomini gay, alcuni dei quali furono imprigionati nei primi campi di concentramento del regime.
Nell’autunno del 1934, la Gestapo di Berlino (polizia politica) diede indicazioni alle forze di polizia locali di inviare loro le liste di uomini ritenuti coinvolti in comportamenti sessuali con altri uomini. La polizia in diverse parti della Germania aveva compilato e mantenuto tali liste per molti anni. Tuttavia, la centralizzazione delle liste nelle mani della Gestapo di Berlino era una novità. Inoltre, la Gestapo specificò che gli uffici locali dovevano assicurarsi di annotare se questi uomini erano membri di organizzazioni naziste e se erano stati precedentemente condannati ai sensi del Paragrafo 175. Tali liste diventarono famose come “liste rosa”, anche se non erano chiamate così dai nazisti e dalla polizia.
Queste prime misure rappresentarono soltanto l’inizio della campagna nazista contro l’omosessualità. Le azioni naziste subirono un’escalation nella seconda metà degli anni Trenta.
Escalation della persecuzione degli uomini gay, 1934~1936
Tre eventi negli anni 1934~1936 radicalizzarono la campagna del regime nazista contro l’omosessualità e portarono a un’oppressione più sistematica degli uomini gay.
Il primo fu l’omicidio di Ernst Röhm e altri leader delle SA nel giugno-luglio del 1934. Questi omicidi cambiarono il modo in cui la propaganda parlava dell’omosessualità. Röhm e altri leader delle SA furono uccisi su ordine di Hitler come parte di una lotta di potere ai più alti livelli del governo tedesco e del partito nazista. Dopo la purga, la propaganda nazista usò la sessualità di Röhm per giustificare gli omicidi. Nel farlo, i nazisti sfruttarono il diffuso pregiudizio della popolazione tedesca contro le relazioni sessuali tra persone dello stesso sesso.
Il secondo evento fu la revisione da parte dei nazisti, nel giugno del 1935, del Paragrafo 175, la legge del Codice penale tedesco che vietava le relazioni sessuali tra uomini. Ai sensi della nuova versione della legge, moltissimi comportamenti intimi e sessuali potevano essere, ed erano in effetti, puniti come atti criminali. Inoltre, la revisione nazista sancì che gli atti non consensuali e coercitivi tra uomini potevano comportare una condanna fino a 10 anni di lavori forzati in prigione. La revisione della legge fornì al regime nazista gli strumenti necessari per perseguire e perseguitare gli uomini coinvolti in relazioni sessuali con altri uomini in numeri ben più grandi di prima.
Infine, nel 1936, Heinrich Himmler, capo delle SS e della polizia tedesca, fondò l’Ufficio centrale del Reich per la lotta all’omosessualità e all’aborto (Reichszentrale zur Bekämpfung der Homosexualität und der Abtreibung). L’ufficio faceva parte della Kripo (polizia penale) e lavorava a stretto contatto con la Gestapo (polizia politica). Himmler era notoriamente omofobo e vedeva l’omosessualità e l’aborto come minacce al tasso di nascita tedesco e quindi al destino del popolo tedesco.
Alla fine del 1936, c’erano le condizioni per consentire al regime nazista di intensificare la campagna contro l’omosessualità.
Il picco della campagna nazista contro l’omosessualità
La campagna nazista contro l’omosessualità si intensificò nel 1935~1936. Da qui in avanti, il regime si concentrò meno sulla chiusura dei luoghi di ritrovo gay e diede priorità, invece, all’arresto di uomini ai sensi del Paragrafo 175. Nella visione nazista, questi uomini erano criminali “omosessuali” (“homosexuell”) e quindi nemici dello stato. Himmler riteneva che la persecuzione di tali uomini fosse necessaria per la protezione, il rafforzamento e la crescita demografica del popolo tedesco. Himmler ordinò alla Kripo e alla Gestapo di condurre una campagna capillare contro l’omosessualità. Quelle forze di polizia usarono irruzioni, denunce, duri interrogatori e persino la tortura per trovare e arrestare gli uomini che secondo loro avevano violato il Paragrafo 175.
Irruzioni
A metà e alla fine degli anni Trenta, la polizia organizzò irruzioni nei bar e in altri luoghi di ritrovo che riteneva fossero popolari tra gli uomini gay. La polizia creava cordoni intorno ai bar e altri luoghi e interrogava chiunque sembrasse sospetto. Alcuni uomini presi durante le irruzioni venivano poi liberati se non c’erano prove contro di loro. Gli uomini ritenuti colpevoli dalla polizia venivano poi processati per violazione del Paragrafo 175 o, in alcuni casi, inviati direttamente nei campi di concentramento.
Le irruzioni della polizia erano pubbliche e vennero evidenziate nella campagna nazista contro l’omosessualità. Tramite le irruzioni, la polizia minacciava e intimidiva le comunità e gli individui gay. Tuttavia, le irruzioni non erano particolarmente efficaci e non furono il mezzo principale attraverso cui la polizia rintracciò gli uomini sospettati di aver violato il Paragrafo 175.
Denunce
La Kripo e la Gestapo facevano affidamento sulle soffiate e sulle denunce per raccogliere informazioni sulla vita intima degli uomini e scoprire potenziali violazioni del Paragrafo 175. Vicini, conoscenti, colleghi, amici o familiari potevano comunicare alla polizia i loro sospetti. Il linguaggio usato dalle persone nelle denunce rendeva chiaro che questi tedeschi tendevano a essere d’accordo con le attitudini dei nazisti nei confronti dell’omosessualità. Chi denunciava faceva riferimento alle persone denunciate come “effeminati” e “perversi”. A differenza delle irruzioni, le denunce erano uno strumento di repressione molto efficace. Le denunce portarono a decine di migliaia di arresti e condanne.
Interrogatori
La Gestapo e la Kripo interrogavano gli uomini catturati nelle irruzioni, nonché quelli denunciati. Durante questi interrogatori, che spesso erano fisicamente e psicologicamente brutali, la polizia spesso insisteva per ottenere confessioni complete. Messi sotto pressione con duri interrogatori e metodi di tortura, gli uomini venivano obbligati a fare il nome dei loro partner sessuali. La polizia poteva così identificare altri uomini per arrestarli e interrogarli. In questo modo, la polizia catturò intere reti di uomini gay.
Il destino degli uomini arrestati
Non tutti gli uomini arrestati ai sensi del Paragrafo 175 condivisero lo stesso destino. Generalmente, l’arresto era seguito da un processo in tribunale. Il tribunale poteva assolvere o condannare l’imputato e condannarlo al carcere per un determinato periodo di tempo. Il tasso di condanna era di circa il 50%. Molti uomini condannati venivano rilasciati dopo aver scontato la loro pena in prigione. In rari casi, la Kripo o la Gestapo inviavano un uomo direttamente al campo di concentramento come criminale “omosessuale” (“homosexuell”). Generalmente, ma non sempre, gli uomini inviati nei campi di concentramento in questo modo avevano condanne multiple o altre circostanze attenuanti.
Il sistema penale tedesco nazista introdusse anche la castrazione come pratica legale. Alla fine del 1933, i tribunali potevano ordinare la castrazione obbligatoria per alcuni reati sessuali. Tuttavia, per lo meno all’inizio, gli uomini arrestati ai sensi del Paragrafo 175 non potevano essere castrati senza il loro consenso. In alcuni casi, gli uomini imprigionati ai sensi di questa legge venivano rilasciati prima se accettavano volontariamente la castrazione.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, il numero di uomini arrestati ai sensi del Paragrafo 175 diminuì. La necessità di una guerra totale aveva la precedenza sulla campagna nazista contro l’omosessualità. Molti uomini condannati ai sensi del Paragrafo 175 si unirono all’esercito tedesco o furono obbligati a farlo. L’esercito aveva bisogno di uomini e in molti casi considerava la sessualità di un soldato di secondaria importanza. Tuttavia, gli arresti e le condanne ai sensi del Paragrafo 175 continuarono per tutto il periodo della guerra.
Gli studiosi stimano che durante il regime nazista circa 100.000 persone furono arrestate ai sensi del Paragrafo 175. Più della metà di questi arresti (circa 53.400) risultarono in condanne.
Uomini gay nei campi di concentramento
Tra 5.000 e 15.000 uomini furono imprigionati nei campi di concentramento come criminali “omosessuali” (“homosexuell”). Questo gruppo di prigionieri doveva indossare un triangolo rosa sulle divise del campo come parte del sistema di classificazione dei prigionieri. Molti di questi prigionieri identificati con il triangolo rosa, ma non tutti, si consideravano gay.
Il triangolo rosa identificava questi prigionieri come un gruppo diverso all’interno del sistema del campo di concentramento. Secondo i racconti di molti sopravvissuti, i prigionieri identificati dal triangolo rosa erano tra i gruppi più abusati nei campi. A volte gli venivano assegnati i lavori più estenuanti e faticosi nel sistema del campo di lavoro. Spesso erano oggetto di abusi fisici e sessuali da parte delle guardie del campo e degli altri prigionieri. In alcuni casi, venivano picchiati e umiliati pubblicamente. Nel campo di concentramento di Buchenwald, alcuni prigionieri identificati dal triangolo rosa furono oggetto di esperimenti medici disumani. A partire dal novembre del 1942, i comandanti dei campi di concentramento avevano ufficialmente il potere di ordinare la castrazione forzata dei prigionieri identificati dal triangolo rosa.
Avendo paura di diventare “colpevoli per associazione”, gli altri prigionieri, che già avevano pregiudizi, evitavano i prigionieri identificati dal triangolo rosa, i quali si trovavano così isolati e impotenti nella gerarchia dei prigionieri. Le reti create dai prigionieri fornivano strumenti per la sopravvivenza, come cibo e vestiti, per molti compagni del campo. Il fatto che molti prigionieri identificati dal triangolo rosa parlassero tedesco fornì loro una certa protezione, ad esempio dando loro accesso a lavori meno onerosi in posizioni amministrative. Tuttavia, generalmente la situazione di isolamento di questi prigionieri rendeva la loro sopravvivenza molto più difficile. Nei campi di concentramento morì un numero sconosciuto di prigionieri identificati dal triangolo rosa.
Gli uomini gay potevano essere imprigionati e perseguitati nei campi di concentramento per motivi che andavano oltre la loro sessualità. Alcuni uomini gay erano portati nei campi di concentramento come oppositori politici, ebrei o membri di altre categorie di prigionieri. In questi casi, la loro sessualità era generalmente un fattore secondario rispetto al motivo per cui erano stati imprigionati e indossavano lo stemma che corrispondeva alla loro categoria ufficiale di prigionieri.
Durante l’Olocausto, fu ucciso un numero sconosciuto di uomini gay ebrei.
Le risposte degli uomini gay alla persecuzione nazista
Gli uomini gay risposero alla persecuzione nazista in diversi modi. Non tutti gli uomini gay presero le stesse decisioni e non tutti avevano le stesse opportunità. Ad esempio, gli uomini gay classificati come ariani dal regime nazista avevano a loro disposizione molte più opzioni rispetto a quelli classificati come ebrei o rom (zingari). Gli uomini ebrei e rom dovevano affrontare soprattutto la persecuzione razziale.
Alcuni uomini gay, in particolare quelli con risorse finanziarie, potevano provare a nascondere la loro sessualità e a fare finta di conformarsi. Alcuni chiusero i contatti con i loro circoli di amici o si ritirarono dalla sfera pubblica. Altri si trasferirono in nuove città, in campagna o addirittura in altri paesi. Alcuni uomini gay decisero di sposarsi per convenienza.
Ci furono casi di uomini gay che si assunsero il rischio di opporsi allo stato nazista per motivi politici e personali. Alcuni uomini gay si unirono a gruppi di resistenza antinazisti o aiutarono gli ebrei a nascondersi.
Documentazione e commemorazione delle esperienze degli uomini gay
Nella primavera del 1945, i soldati Alleati liberarono i campi di concentramento e i prigionieri, tra cui quelli identificati dal triangolo rosa. Tuttavia, la fine della guerra e la sconfitta del regime nazista non comportarono necessariamente un senso di liberazione per gli uomini gay, che rimasero emarginati nella società tedesca. In particolare, le relazioni sessuali tra uomini restarono illegali in Germania per gran parte del ventesimo secolo. Questo significò che molti uomini che scontavano pene perché sospettati di aver violato il Paragrafo 175 rimasero in prigione anche dopo la guerra. Altre decine di migliaia di uomini furono condannati nel dopoguerra.
Per gran parte del ventesimo secolo fu difficile conoscere le storie degli uomini gay durante l’epoca nazista a causa del continuo pregiudizio nei confronti dei rapporti sessuali tra persone dello stesso sesso e dell’applicazione da parte dei tedeschi del Paragrafo 175. Molti uomini gay avevano il timore di condividere le loro testimonianze o di scrivere delle autobiografie. Tuttavia, gli studiosi hanno cercato di documentare le esperienze vissute dagli uomini gay servendosi dei registri di polizia, tribunali e campi di concentramento.
Gli sforzi di studiosi e di organizzazioni per i diritti gay tedeschi hanno consentito di portare a conscenza dell’opinione pubblica la persecuzione degli uomini gay da parte dei nazisti. Negli anni Novanta, il governo tedesco riconobbe gli “omosessuali perseguitati” (“verfolgten Homosexuellen”) come vittime del regime nazista. Nel 2002, il governo ribaltò le condanne di epoca nazista relative al Paragrafo 175. Per la prima volta, gli uomini gay che avevano sofferto a causa dei nazisti potevano richiedere un risarcimento monetario al governo tedesco per le ingiustizie commesse nei loro confronti.
All’inizio del ventunesimo secolo, il governo tedesco aprì quattro memoriali nel centro di Berlino dedicati alle vittime del nazismo. Il più grande è il Memoriale per gli ebrei assassinati d’Europa, aperto nel 2005. Pochi anni dopo, nel maggio del 2008, il Memoriale per gli omosessuali assassinati dal nazismo (Denkmal für die im Nationalsozialismus verfolgten Homosexuellen) fu aperto vicino al parco di Tiergarten nel centro di Berlino.
Gli studiosi continuano a fare ricerche sulla campagna nazista contro l’omosessualità e la persecuzione degli uomini gay da parte del regime.
Note a piè di pagina
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Footnote reference1.
La Germania fu divisa in due paesi nel 1949: la Repubblica Federale Tedesca (Germania dell’ovest) e la Repubblica Democratica Tedesca (Germania dell’est). La Germania dell’est e dell’ovest adottarono due approcci diversi riguardo alla criminalizzazione delle relazioni sessuali tra uomini. In particolare, la Germania dell’ovest continuò a usare la versione nazista del Paragrafo 175 risalente al 1935. Il Paragrafo 175 fu eliminato dal Codice penale tedesco nel 1994 con l’unificazione della Germania dell’est e dell’ovest nella Repubblica Federale Tedesca.