Fela era la prima di due figli di una famiglia ebrea di Zakroczym, una cittadina sulla Vistola, vicino a Varsavia, dove suo padre era un avvocato molto rispettato. Da giovane Fela lavorò come disegnatrice di cappelli a Varsavia fino a quando, quasi trentenne, sposò Moshe Galek. La coppia si trasferì nella vicina città di Sochocin, dove il marito di Fela possedeva una fabbrica di bottoni di madreperla e dove nacquero le loro quattro figlie.
1933-39: Nel 1936 la famiglia Galek si trasferì a Varsavia, attratta dalla vita culturale della città. Quando la Germania invase la Polonia, il 1° settembre 1939, Moshe propose di fuggire in Palestina. Nonostante Fela fosse una fervente Sionista, si oppose all'idea di partire, principalmente perché preoccupata dalla prospettiva di cominciare una nuova vita in un altro luogo. Varsavia cadde il 28 settembre 1939; quando arrivò dicembre, Fela e la sua famiglia erano già stati costretti ad indossare i bracciali che li identificavano come Ebrei.
1940-43: I Galek vennero obbligati a trasferirsi nel ghetto di Varsavia nel novembre 1940, dove vissero in un'unica stanza, dividendo una casa con diverse altre famiglie. Il cibo era scarso e i giorni venivano trascorsi seduti in casa, chiacchierando. La famiglia riuscì a evitare le deportazioni di massa del 1942, ma fu presa nell'ultimo rastrellamento dell'aprile 1943, proprio prima che il ghetto venisse distrutto.
Durante la retata, Fela e Moshe vennero separati dai loro figli, messi in fila con altri adulti e giustiziati sommariamente.
Espandi l’immagineI Tedeschi invasero la Polonia nel settembre 1939, dopo di che Leo e la sua famiglia vennero confinati nel ghetto di Lodz, dove lui fu costretto a lavorare come sarto in una fabbrica di uniformi. Il ghetto di Lodz venne poi liquidato nel 1944 e Leo venne deportato prima ad Auschwitz e successivamente nel campo di Gross-Rosen, ai lavori forzati. All'avanzare dell'esercito sovietico, i prigionieri vennero trasferiti nel campo di Ebensee, in Austria, che venne poi liberato nel 1945.
Espandi l’immagineI Tedeschi occuparono Tarnow nel 1939. Nel 1940 Martin e la sua famiglia vennero obbligati a lasciare il loro appartamento. Durante il primo massacro di cittadini Ebrei, Martin si salvò nascondendosi in una soffitta. La famiglia riuscì a sfuggire anche ai due rastrellamenti successivi. Nel maggio 1943, poiché la madre di Martin era nata negli Stati Uniti, vennero inseriti in un elenco che, ufficialmente, doveva servire a uno scambio con prigionieri di guerra tedeschi. Invece, furono portati in treno a Cracovia e poi nel campo di concentramento di Bergen-Belsen. Martin fu liberato nel 1945 e poi si trasferì negli Stati Uniti nel 1947.
Espandi l’immagineCome altri Ebrei, anche la famiglia Lewent venne confinata nel ghetto di Varsavia. Nel 1942, mentre Abraham rimaneva nascosto nel sottotetto, i Tedeschi catturarono sua madre e le sue sorelle in una retata: morirono tutte. Qualche tempo dopo, anche Abraham venne mandato ai lavori forzati, ma riuscì poi a fuggire e a tornare da suo padre, nel ghetto. Nel 1943, entrambi vennero deportati a Majdanek, dove il padre di Abraham morì. Successivamente, Abraham venne trasferito a Skarzysko, poi a Buchenwald, Schlieben, Bisingen e infine Dachau. Le truppe americane liberarono Abraham mentre i Tedeschi stavano evacuando i prigionieri.
Espandi l’immagineOssi era il più giovane di sei figli nati da un afamiglia di Zingari Cattolici; gli Stojka vivevano su un carro, con il quale si trasferivano da un luogo all'altro. La loro carovana trascorreva gli inverni a Vienna, la capitale austriaca, e le estati nelle campagne. Gli Stojka appartenevano a una tribù di Zingari chiamata i Lowara Rom che si guadagnava da vivere commerciando in cavalli nei luoghi dove si accampava; gli antenati di Ossi si erano stabiliti in Austria più di 200 anni prima.
1933-39: Ossi aveva due anni quando la Germania annetté l'Austria, nel marzo 1938. Quando i Tedeschi arrivarono nella capitale, il carro della famiglia Stojka era parcheggiato per l'inverno in un campo di Vienna e a tutti gli Zingari venne ordinato di rimanere dov'erano, di non partire. Gli Stojka dovettero così trasformare il proprio carro in una casa di legno e dovettero adattarsi alla vita stanziale.
1940-44: Gli Zingari vennero obbligati a registrarsi come "razza" diversa. Quando Ossi aveva 5 anni, i Tedeschi portarono via suo padre; poi presero sua sorella Kati e, infine, anche Ossi e tutti i membri rimasti della sua famiglia vennero deportati in un campo di concentramento per Zingari, a Birkenau. C'era pochissimo da mangiare, per lo più rape. Il piccolo Ossi si ammalò di tifo e fu portato nella baracca adibita ad infermeria, alla quale i prigionieri si riferivano come "l'anticamera del crematorio".
Ossi non ricevette alcuna cura medica nell'infermeria e morì di tifo e di malnutrizione. Aveva 7 anni.
Espandi l’immagineGregor era nato in un paesino della Carinzia, in Austria. Durante la Prima Guerra Mondiale egli venne ferito mentre serviva nell'esercito Austro-ungarico. Gregor e sua moglie, entrambi cresciuti nella religione cattolica, diventarono Testimoni di Geova alla fine degli anni '20. Gregor manteneva la moglie e i sei figli lavorando nelle cave e nelle aziende agricole.
1933-39: Il governo austriaco vietò il lavoro missionario dei Testimoni di Geova nel 1936. Successivamente Gregor venne accusato di svolgere abusivamente l'attività di venditore ambulante e fu incarcerato per un breve periodo. Quando la Germania annetté l'Austria, nel 1938, Gregor fu a capo della propria congregazione nel boicottare il plebiscito con cui l'unione tra i due paesi doveva venir ratificata. A causa della posizione anti-nazista di Gregor, il sindaco della sua città lo fece arrestare, il 1° settembre 1939, e Gregor venne mandato a Berlino per essere processato davanti alla corte marziale con l'accusa di renitenza alla leva. La corte lo condannò a morte e il 7 dicembre 1939 Gregor venne ghigliottinato nella prigione di Ploetzensee, a Berlino.
1940-45: A un certo punto, durante la guerra, tutta la famiglia di Gregor fu arrestata per essersi rifiutata di cooperare con i Nazisti. Due dei figli di Gregor vennero uccisi: un figlio fu decapitato nella prigione di Ploetzensee, dove anche Gregor era stato giustiziato nel 1939; un altro figlio venne fucilato. Il figlio maggiore di Gregor, Franz, si rifiutò sia di partecipare all'addestramento militare che di salutare la bandiera nazista e fu quindi condannato a cinque anni di lavori forzati, da scontare in un campo in Germania.
Oltre a Gregor e a due dei suoi figli, altri Testimoni di Geova membri della congregazione di Gregor vennero perseguitati dai Nazisti.
Espandi l’immagineNel 1919 Robert e suo fratello Karl fondarono il gruppo giovanile Nerother Bund, nella regione di Colonia; come altri gruppi giovanili in Germania, il Nerother Bund mirava ad avvicinare i ragazzi alla natura, attraverso il campeggio e l'escursionismo. A volte, il forte cameratismo degli adolescenti si trasformava in relazioni omosessuali che il Nerother Bund accettava così come, all'epoca, facevano molti altri gruppi tedeschi.
1933-39: Poco dopo essere saliti al potere, nel 1933, i Nazisti sciolsero tutte le associazioni giovanili indipendenti, esortando i loro membri ad entrare nella Gioventù Hitleriana. Robert si rifiutò e continuò segretamente il suo rapporto con il Nerother Bund. Nel 1936, con il nuovo codice penale nazista, in particolare il Paragrafo 175 che metteva fuori legge l'omosessualità, Robert venne giudicato colpevole e imprigionato con altri 13 membri del Nerother Bund.
1940-41: Robert fu uno degli oltre 50.000 uomini, durante il regime nazista, che vennero condannati a causa del Paragrafo 175. All'inizio del 1941, Robert si trovava già nel campo di concentramento di Dachau dove, come molti altri che erano stati imprigionati grazie alla nuova legge, egli doveva portare sugli abiti un triangolo identificativo rosa. Quelli cosiddetti "del 175" venivano di solito segregati in baracche speciali, oltre ad essere soggetti a un trattamento particolarmente duro e spesso emarginati anche dagli altri prigionieri.
Robert morì a Dachau nel 1941, a soli 44 anni. I dettagli della sua morte sono tuttora sconosciuti.
Espandi l’immagineJoseph nacque a Bitterfeld, in Germania, in una famiglia di Zingari, ma venne allevato in un orfanotrofio per i primi diciotto mesi di vita, per motivi non noti. All'epoca della nascita di Joseph, circa 26.000 Zingari - membri delle tribù Sinti e Rom - vivevano in Germania e nonostante il fatto che la maggiorparte di loro avesse la cittadinanza tedesca, spesso venivano discriminati e soggetti ad angherie.
1933-39: All'età di un anno e mezzo, Joseph venne dato in affidamento a una famiglia che viveva ad Halle, una città a circa 30 chilometri da Bitterfeld. Quello stesso anno, il partito Nazista salì al potere. A scuola, Joseph si trovò spesso ad essere il capro espiatorio delle marachelle degli altri scolari, venendo talvolta persino picchiato perché accusato di essersi "comportato male". Inoltre, egli veniva regolarmente fatto oggetto di insulti quali "bastardo" e "meticcio", in particolare da parte dei compagni che erano membri della Gioventù Hitleriana.
1940-44: Quando Joseph ebbe 12 anni venne prelevato dalla sua classe da due sconosciuti che sostenevano avesse un attacco di appendicite e dovesse venire operato immediatamente. Joseph protestò, ma venne picchiato e portato con la forza in una sala operatoria dove fu sterilizzato, una procedura resa legale dalle leggi naziste che permettevano la sterilizzazione forzata di individui ritenuti "asociali", categoria che includeva gli Zingari. Dopo la convalescenza, Joseph avrebbe dovuto essere deportato nel campo di concentramento di Bergen-Belsen, ma suo padre affidatario riuscì a farlo uscire di nascosto dall'ospedale e a nasconderlo.
Joseph sopravvisse per i successivi cinque mesi di guerra nascondendosi in un capanno.
Espandi l’immagineHelene, la maggiore di due sorelle, crebbe a Vienna e venne educata nella religione cattolica in quanto quella era la fede di sua madre, mentre suo padre era Ebreo. Quest'ultimo morì durante la Prima Guerra Mondiale quando Helene aveva solo 5 anni e sua madre si risposò quando la ragazza ne aveva 15. Chiamata affettuosamente Helly, Helene amava nuotare e andare all'opera. Dopo aver terminato la scuola superiore, Helene si iscrisse alla facoltà di Legge.
1933-39: Quando aveva 19 anni, Helene mostrò per la prima volta sintomi di una malattia mentale. Le sue condizioni peggiorarono nel corso del 1934 e nel 1935 ella dovette abbandonare sia gli studi che il suo lavoro come segretaria in uno studio legale. Dopo la perdita del suo amato fox terrier Lydi, Helene ebbe un grave crollo nervoso, in seguito al quale le venne diagnosticata la schizofrenia e venne quindi internata nell'ospedale psichiatrico Steinhof di Vienna. Due anni più tardi, nel marzo 1938, l'Austria venne annessa alla Germania.
1940: Helene rimase confinata a Steinhof e non le fu permesso di andare a casa nemmeno quando le sue condizioni migliorarono. Alla sua famiglia venne prima fatto credere che sarebbe stata presto dimessa, ma, successivamente, in agosto, la madre venne informata che Helene era stata trasferita all'ospedale di Niederhart, subito al di là del confine con la Baviera. In realtà, Helene era stata trasferita in una ex prigione di Brandeburgo, in Germania, dove all'arrivo venne spogliata, sottoposta a un esame fisico e quindi portata nel locale docce.
Helene fu una delle 9772 persone uccise con il gas quell'anno, nel centro di "eutanasia" di Brandeburgo. La sua morte venne ufficialmente registrata come avvenuta nella sua stanza a causa di un "attacco acuto di schizofrenia".
Espandi l’immagineYona era la maggiore di quattro figli di una famiglia ebrea di proletari che viveva nel settore ebraico di Pabianice. Il padre di Yona vendeva prodotti ai negozianti polacchi che, quando non potevano pagarlo, gli davano del cibo per la famiglia. La vita era dura a Pabianice, ma la famiglia di Yona era molto unita e molti dei suoi membri vivevano a poca distanza l'uno dall'altro.
1933-39: Dopo lo scoppio della guerra, nel settembre del 1939, i Tedeschi istituirono un ghetto a Pabianice, nel nostro quartiere. Tutti i membri della mia famiglia, che era piuttosto estesa, vennero trasferiti nel ghetto. Le nostre maggiori sofferenze erano causate dalla mancanza di cibo. Ogni settimana la Gestapo veniva e ci confiscava un altro po' dei nostri averi. Poi cominciarono a prendere le persone: ogni poche settimane prendevano della gente e la mandavano ai campi di lavoro o in campo di concentramento. Ogni mattino non sapevamo se alla fine della giornata ci saremmo rivisti.
1940-44: Nel maggio del 1942, il ghetto di Pabianice venne svuotato e mia sorella, mio padre e io fummo deportati nel ghetto di Lodz. Avevo dodici anni e fui mandata a lavorare in fabbrica con mia sorella minore. Per due anni cucimmo vestiti, nascondendoci ogni volta che i Tedeschi venivano a rastrellare gli Ebrei per la deportazione, ma nell'agosto del 1944 fummo deportate ad Auschwitz, dove dovemmo affrontare la selezione. Mia sorella venne mandata subito a morire. Io invece fui mandata a lavorare in una fabbrica di aeroplani in Germania. Poi, quando gli Americani cominciarono a bombardare, ci misero su un treno per Mauthausen.
Dopo 10 giorni trascorsi con poco cibo e niente acqua, Yona fu liberata dagli Americani, a Mauthausen. Dopo la guerra raggiunse lo zio in Israele e più tardi si trasferì in America.
Espandi l’immagineHeinz Pfeffer, il padre di Jan-Peter, era un Ebreo tedesco rifugiatosi in Olanda, dove aveva sposato Henriette De Leeuw, un'Ebrea olandese. Spaventati dalla dittatura nazista e dall'assassinio dello zio di Heinz, avvenuto in campo di concentramento, essi erano emigrati in Olanda quando Henriette era incinta di nove mesi e si erano stabiliti ad Amsterdam.
1933-39: Jan-Peter nacque poco dopo l'arrivo in Olanda. Aveva 18 mesi quando nacque suo fratello minore Tommy. Nel 1939 i genitori e il fratello del padre di Jan-Peter li raggiunsero in Olanda come rifugiati dalla Germania. Jan-Peter e Tommy crebbero parlando olandese, come prima lingua, e trascorrendo diverso tempo nella casa di famiglia della madre, in campagna.
1940-44: I Tedeschi occuparono Amsterdam nel maggio del 1940. Nonostante l'occupazione tedesca, all'età di sei anni Jan-Peter non avvertì un grande cambiamento nella sua vita quotidiana. Poco dopo il suo nono compleanno, i Tedeschi deportarono la nonna in un campo chiamato Westerbork. Sei mesi più tardi, Jan-Peter e la sua famiglia vennero mandati nello stesso campo, ma sua nonna non c'era già più. Durante l'inverno, i Pfeffer furono mandati in un ghetto lontano, chiamato Theresienstadt, dove Jan-Peter aveva sempre freddo e fame e si sentiva impaurito.
Il 18 maggio 1944 Jan-Peter fu deportato con la sua famiglia ad Auschwitz, dove fu mandato alla camera a gas l'11 luglio 1944. Aveva 10 anni.
Espandi l’immagineLa Germania invase il Belgio nel maggio del 1940. Dopo che i Tedeschi ebbero portato via sua madre, sua sorella e suo fratello, Lilly si nascose. Con l'aiuto di amici e parenti Lilly riuscì a celare la sua identità ebrea per due anni, ma nel 1944 venne denunciata da alcuni Belgi e quindi venne prima trasferita al campo di Melchen e, poi, deportata ad Auschwitz-Birkenau. Lilly venne liberata dalle forze britanniche a Bergen-Belsen, dove era giunta dopo una marcia della morte partita da Auschwitz.
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