Nel 1952 Sam fu obbligato a trasferirsi nel ghetto della sua città natale e assegnato ai lavori forzati in una fabbrica di munizioni. Nel 1944 fu portato ad Auschwitz e obbligato a lavorare in una fabbrica che produceva treni. Sopravvisse otto giorni durante una marcia forzata organizzata dai Nazisti per l'evacuazione di Auschwitz. Fu liberato dalle unità sovietiche nel gennaio del 1945, quindi visse in un campo profughi in Germania dove lavorò per l'Agenzia per il Soccorso e la Riabilitazione delle Nazioni Unite. Nel 1947, emigrò negli Stati Uniti.
Spesso, anche adesso, penso, perché io? perché nessun altro della mia famiglia a parte me? E ovviamente non ho una risposta. Ciò che ci tenne insieme fu che eravamo giovani, molto molto giovani. Quelli più anziani che avevano più esperienza e conoscevano di più la vita, molti di loro si uccisero, non riuscirono ad accettare quelle condizioni. Ma noi, i giovani, ci incoraggiavamo a vicenda per andare avanti. La vita era appena cominciata per noi e sapevamo che quel periodo doveva finire prima o poi. Sapevamo che una guerra non può durare per sempre. E ci promettemmo a vicenda che qualcuno doveva rimanere vivo per raccontare cosa succedeva in quell'inferno, quello che veramente accadeva nei campi e in altri posti. Chi altro lo avrebbe raccontato? Perché adesso i più giovani hanno tutti più o meno la mia età e in poco tempo pochi di noi saranno rimasti, specialmente quelli che sono stati laggiù per davvero.
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