Hans Heimann nacque a Vienna, la capitale austriaca, da una famiglia ebrea. I suoi genitori avevano un’azienda ben avviata che esportava cappelli per signora in molti paesi. Da ragazzo, Hans frequentò una scuola privata preparatoria agli studi superiori, dove i corsi erano insegnati sia in tedesco che in inglese.
1933-39: quando l’Austria venne annessa alla Germania, nel 1938, io frequentavo la scuola di Economia. Mi ricordo che eravamo alla finestra di casa mia quando vedemmo le truppe tedesche guidate da Hitler entrare a Vienna, marciando con il tipico passo "dell’oca". Fui immediatamente obbligato a lasciare la scuola. Circa due settimane più tardi, un funzionario austriaco nominato dai Tedeschi ci disse di aver ricevuto istruzioni per liquidare la nostra azienda. I miei genitori a quel punto si convinsero di non avere più un futuro in Germania e decisero che era meglio andare via. Così ci traferimmo in Italia, nel 1939.
1940-45: Ci stabilimmo a Genova. Un giorno, nel 1940, due poliziotti italiani vennero a dirci che, poiché eravamo Ebrei, dovevamo essere internati. “Ma non preoccupatevi” aggiunsero, “siamo esseri umani, non animali. Non siamo come i Tedeschi”. Gli Italiani ci portarono prima nel paesino di Compagna e un mese più tardi a Tortoreto, nell’Italia centrale. Vivevamo in un albergo sul mare ed eravamo liberi di muoverci come volevamo. Potevamo andare al cinema e ci davano persino dei soldi. Nel 1943 fummo liberati dall’esercito inglese.
Hans lavorò come interprete per gli Alleati fino alla fine della guerra e poi per tre anni collaborò all’organizzazione dei viaggi via mare che portavano gli Ebrei clandestinamente in Palestina, finanziati dal Comitato d’Assistenza Ebraico-americano.
Espandi l’immagineLa Germania annetté l'Austria nel marzo del 1938. Nel 1939, Hans fuggì prima in Ungheria e poi in Italia. Lui e i suoi genitori furono internati in varie città. Il padre di Hans si ammalò e morì nel 1940. Nel 1943, Hans e sua madre furono avvertiti che i Tedeschi intendevano deportare in Polonia tutti gli Ebrei residenti in Italia. Allora cominiciarono a spostarsi da una piccola città all'altra fino a quando gli Inglesi non liberarono quella regione, nel 1943. Hans lavorò come interprete per gli Alleati fino al 1945 quando andò a lavorare per il Comitato di Distribuzione Ebraico-americano e aiutò i rifugiati Ebrei a trovare una nuova casa.
Espandi l’immagineIsaac viveva con i suoi genitori e tre sorelle a Split, sulla costa dalmata della Jugoslavia. Quando, nel 1941, la Germania e le altre forze dell'Asse invasero il paese e poi se lo spartirono, le forze italiane occuparono Split e altre zone costiere della Jugoslavia. In genere, le autorità italiane d'occupazione in Jugoslavia cercarono di prevenire ogni violenza contro la popolazione ebrea e così la zona italiana divenne una sorta di rifugio per coloro che cercavano di scappare dai Nazisti o dagli Ustascia (i fascisti croati). All'indomani della firma dell'armistizio con gli Alleati da parte dell'Italia, nel 1943, la loro zona venne occupata dai Tedeschi. Isaac e suo padre si unirono ai partigiani e più tardi scapparono nelle isole che si trovano tra l'Italia e la Jugoslavia, già occupate dagli Alleati. Alcuni membri della famiglia di Isaac poterono poi riunirsi nel sud d'Italia e, nel 1944, giunsero a Fort Ontario, nello stato di New York, con un trasporto di rifugiati.
Espandi l’immagineIvo proveniva da una famiglia della media borghesia ebrea di Zagabria. Fino a quando i Tedeschi e i loro alleati non invasero la Jugoslavia, nell'aprile del 1941, e imposero il governo del partito fascista croato Ustascia, Ivo subì rari episodi di aperto antisemitismo. Appena insediato, il regime degli Ustascia cominciò invece subito a uccidere gli Ebrei, i Serbi e i Rom (Zingari). La famiglia di Ivo scappò nella parte del paese occupata dagli Italiani, i quali cercavano di proteggere i rifugiati Ebrei. Ivo visse in diversi campi di internamento gestiti dagli Italiani, incluso quello dell'isola di Rab, prima di trasferirsi direttamente in Italia, nel 1944. Qui lavorò per un certo periodo per il Comitato di Assistenza Ebraico-americano e poi si trasferì negli Stati Uniti.
Espandi l’immagineAll'intensificarsi delle misure antisemite e all'indomani del pogrom della Notte dei Cristalli, nel 1938, la famiglia di Johanna decise di lasciare la Germania. Dopo aver ottenuto i visti, prima si recarono in Italia e da lì si imbarcarono per l'Albania. Vi rimasero durante tutta l'occupazione italiana e - dopo la resa dell'Italia nel 1943 - durante quella tedesca. La famiglia venne liberata dopo una battaglia tra i Tedeschi e i Partigiani albanesi, nel dicembre 1944.
Espandi l’immagineRebecca era la prima di tre figli di una famiglia ebraico-sefardita di lingua ladina. La famiglia Pissirilo viveva a Kastoria, una piccola città nella regione montagnosa della Macedonia greca, vicino al confine con l’Albania. Il padre di Rebecca era un mercante di stoffe di successo. I figli dei Pissirilo frequentavano la scuola pubblica.
1933-39: Dopo aver finito le elementari, Rebecca andò alle scuole superiori. Le piaceva sia studiare che cantare. Rebecca teneva un diario, come tante sue compagne di classe. Le ragazze usavano pseudonimi, di solito il nome di un’attrice che ammiravano. Lo pseudonimo di Rebecca era “Marlene Dietrich”.
1940-44: L’Italia attaccò la Grecia nel 1940 e nel 1941 alcuni ufficiali dell’esercito italiano furono alloggiati nella casa dei Pissirilo. Durante l’occupazione italiana, Rebecca sposò Leon Franko, un Ebreo fuggito dalla Jugoslavia. Nel settembre del 1943, l’Italia si arrese agli Alleati; i Tedeschi occuparono Kastoria e deportarono i 700 Ebrei della città a Salonicco. La Croce Rossa si adoperò in favore di Rebecca, che era prossima al parto, e la trasferì in tutta fretta in un ospedale. Il primo aprile 1944, il giorno in cui gli Ebrei di Kastoria furono deportati ad Auschwitz, Rebecca diede alla luce una bambina.
Rebecca si nascose all’interno dell’ospedale, ma in seguito a una soffiata venne uccisa dai Tedeschi; era l’8 settembre 1944. Un’infermiera dell’ospedale salvò la sua bimba di pochi mesi.
Espandi l’immagineLeon nacque da una famiglia ebrea sefardita molto numerosa, di lingua ladina. La famiglia Franko viveva in una grande casa di Bitola, una città dove vivevano molte etnie diverse e che si trovava nella parte meridionale della Macedonia, vicino al confine con la Grecia. Il padre di Leon, Yiosef, era un mercante di stoffe di successo. I figli dei Franko frequentavano le scuole pubbliche jugoslave, dove impararono a parlare il serbo.
1933-39: Dopo aver terminato gli studi, Leon rimase a Bitola e divenne a sua volta mercante di stoffe. Essendo un bell’uomo e di famiglia benestante, Leon era molto popolare. I suoi amici spesso dicevano che sembrava una stella del cinema. Dario, suo fratello minore, lo idolatrava.
1940-44: Nell’aprile del 1941, i Tedeschi invasero la Jugoslavia e poco dopo la Macedonia venne annessa alla Bulgaria. Le autorità bulgare introdussero subito leggi antisemite e collaborarono strettamente con i Tedeschi. Leo e Dario fuggirono allora a Kastoria, una città nella zona della Grecia occupata dagli Italiani. Lì, Leon incontrò e sposò Rebecca Pissirilo. Dopo la resa dell’Italia, i Tedeschi trasferirono i 700 Ebrei di Kastoria a Salonicco, da dove sarebbero poi stati deportati ad Auschwitz. Quando si trovavano ancora a Salonicco, la moglie di Leon, che era incinta di nove mesi, fu portata in ospedale dalla Croce Rossa Internazionale.
Leon fu uno dei 700 Ebrei deportati in treno da Salonicco ad Auschwitz il primo aprile 1944. Sia lui che la moglie morirono. La loro bimba, Esther, venne salvata da un’infermiera dell’ospedale.
Espandi l’immagineI genitori di Franco erano Ebrei e vivevano a Bologna. Anche quando il leader fascista Benito Mussolini assunse il potere in Italia, nel 1922, la comunità ebraica di Bologna continuò tranquillamente la propria vita. Come molti Ebrei italiani, la famiglia di Franco era ben integrata nella società italiana e Franco frequentava le scuole elementari statali.
1933-39: Quando Franco aveva 7 anni, Mussolini promulgò le leggi razziali contro gli Ebrei a seguito delle quali Franco venne espulso dalla scuola e cominciò a frequentare una scuola ebraica, improvvisata in tutta fretta nei locali di una sinagoga di Bologna. Franco non riusciva a capire perché era stato costretto a lasciare i propri amici solo perché era Ebreo. Dopo la morte di suo padre, nel 1939, si trasferì con la madre e suo fratello maggiore Lelio a Torino dove cominciò a frequentare la scuola religiosa.
1940-44: Nel luglio del 1943, Mussolini perse il potere. Due mesi più tardi i Tedeschi occuparono l’Italia e presero il controllo del Nord del paese, dove vivevano non solo la famiglia di Franco, ma anche la maggior parte della popolazione ebraica italiana. Gli Italiani fino a quel momento avevano cercato di proteggere gli Ebrei, ma quando i Tedeschi presero il controllo della zona settentrionale del paese, la famiglia Cesana fuggì sulle montagne. Lelio si unì alla brigata partigiana Giustizia e Libertà e, pur avendo solo 12 anni, Franco lo imitò, orgoglioso del fatto che così tanti Ebrei combattessero nella Resistenza.
Franco venne ucciso dai Tedeschi mentre si trovava in ricognizione sulle montagne. Il suo corpo venne restituito alla madre il giorno del suo tredicesimo compleanno. Era stato il più giovane partigiano italiano.
Espandi l’immagineMario era l’unico figlio di una coppia ebrea; entrambi i genitori insegnavano nelle scuole superiori di Bologna. Come molti altri Ebrei italiani, la sua famiglia era ben integrata nel resto della società. Anche quando il leader del Partito fascista Benito Mussolini prese il potere nel 1922, la comunità ebraica continuò a vivere tranquilla. Nel suo tempo libero, Mario suonava il pianoforte. Quando finì il liceo, a Bologna, Mario si iscrisse a Giurisprudenza.
1933-39: Nel 1938 Mario cominciò ad esercitare la professione d’avvocato, a Milano, ma più tardi, quello stesso anno, il governo di Mussolini approvò le leggi “razziali”, a seguito delle quali a Mario non poté più praticare la professione. Mario si trasferì allora a Parigi e cominciò una nuova carriera come pianista. Nell’agosto del 1939, ritornò in Italia per rinnovare il visto. Il primo settembre, mentre era ancora in Italia, la Germania invase la Polonia e due giorni più tardi la Francia dichiarò Guerra alla Germania. Di conseguenza, Mario non poté più lasciare il paese.
1940-44: Mario cominciò a lavorare a Bologna con un’agenzia ebraica che aiutava i profughi. Nel luglio 1943 Mussolini venne deposto e i Tedeschi occuparono l’Italia. Gli Ebrei di Bologna vennero mandati in un campo di transito Tedesco, a Fossoli di Carpi. Per alcuni, la destinazione dei convogli che lasciavano Fossoli non era un segreto: Auschwitz, come d’altronde diceva la scritta in gesso su uno dei vagoni. Nel marzo del 1944 anche Mario venne deportato ad Auschwitz.
Ad Auschwitz, Mario si lanciò contro il filo spinato elettrificato che circondava il campo. Lasciò un messaggio per i suoi genitori, chiedendo perdono. Aveva 31 anni.
Espandi l’immagineIvo era l’unico figlio di una famiglia ebrea di Zagabria. Suo padre lavorava per una compagnia assicuratrice. Anche se l’aperto antisemitismo era raro in Jugoslavia, agli Ebrei non veniva comunque permesso coprire incarichi statali o occupare cattedre universitarie, a meno che non si convertissero al Cristianesimo.
1933-39: A Zagabria studiavo in una scuola superiore pubblica. Il curriculum era fisso e includeva tre lingue e Religione. La mia scuola era molto selettiva, ma a me piaceva studiare e quindi riuscivo bene. Anche se personalmente non subii mai episodi di aperta discriminazione, a Zagabria c’erano però alcuni gruppi fascisti croati ferocemente antisemiti che appoggiavano le politiche dei Nazisti. Avevo 16 anni quando la guerra scoppiò.
1940-44: Nel 1941 la Jugoslavia fu invasa dalle forze dell’Asse e divisa in zone d’occupazione. Avendo paura dei fascisti croati, la mia famiglia decise di scappare nella zona italiana. Usando le uniche due parole in italiano che conoscevo, “Ebreo” e “paura” presi contatto con alcuni ufficiali italiani che capirono la situazione e ci fecero passare di nascosto nella loro zona. Non eravamo gli unici; gli Italiani diedero rifugio a molti Ebrei. La mia famiglia venne persino invitata a uno dei concerti dati dall’esercito. Che ironia che gli Ebrei fossero protetti da uno degli alleati dei Tedeschi.
L’esercito italiano, sconfitto, si ritirò dalla Jugoslavia nel 1943 e allora Ivo attraversò l’Adriatico per raggiungere il sud Italia, che era già stato liberato dagli Alleati. Nel 1948 Ivo emigrò negli Stati Uniti.
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